I lavoratori delle fabbriche hanno approvato il testo con l’88%. Passato il periodo di «raffreddamento», ad ottobre partirà la vertenza. La Fiom raccoglie la spinta ad uno sciopero per le pensioni – di Francesco Piccioni
Parte ufficialmente la vertenza per il rinnovo del contratto nazionale della più importante categoria industriale del paese. I sindacati dei metalmeccanici – Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm – hanno preso atto del risultato del referendum effettuato tra tutti i dipendenti del settore ed hanno perciò inviato la piattaforma rivendicativa alle controparti (Federmeccanica, Assistal, Confapi e Associazioni Cooperative).
Questa tornata contrattuale prevede sia l’aspetto economico che quello normativo ed è considerata particolarmente importante perché avviene all’indomani della chiusura della vertenza del pubblico impiego, dove il governo è riuscito a strappare la «triennalizzazione» del prossimo contratto senza contropartite chiare a garanzia della copertura dell’inflazione. La principale associazione degli industriali del settore, Federmeccanica, ha colto la palla al balzo per avanzare identica richiesta (oltre a offrire molto meno sul piano salariale). Mettendo così immediatamente alla prova la determinazione dei sindacati confederali, che avevano accettato una soluzione indigesta per i «pubblici» solo «in via sperimentale» e con «caratteristiche di unicità».
La piattaforma dei metalmeccanici – la prima unitaria dopo otto anni di divisioni – non è «difensiva», nel senso che i rappresentanti sindacali si siederanno al tavolo della trattativa con un mandato «conquistare» obiettivi ben definiti, non a «concedere il meno possibile». Se tengono questo impegno, la vertenza può diventare un paradigma per l’intero movimento del lavoro. Lo scontro sarà perciò prevedibilmente durissimo.
Ne sono sembrati consapevoli i diretti interessati – i lavoratori di fabbrica – che l’hanno approvata a larghissima maggioranza (88%). Impressionanti le cifre dei votanti, in tempi di disaffezione ai riti della democrazia (e tenuto conto che l’approvazione appariva scontata): 515.755 votanti su 831mila aventi diritto. Anche ne se nessuno, probabilmente, pensa che sia la piattaforma perfetta, quella che servirebbe a rimettere in sesto il potere d’acquisto del salario, la tutela dei diritti e delle condizioni operative sui luoghi di lavoro. Il voto contrario delle Carrozzerie di Mirafiori, in questo senso, ha messo in chiaro che il disagio degli operai di linea (i «3° livello») è vicino al punto di rottura. E che il sindacato deve cambiare molto nel modo di concepire e organizzare la rappresentanza, rendendola espressione più fedele dei reparti e degli stabilimenti.
La Fiom è apparsa immediatamente più attenta a cogliere questi segnali di sfiducia, cominciando a proporre immediatamente nuove formule per l’elezione delle Rsu (ora praticamente su «liste bloccate» presentate dai sindacati). Ma soprattutto cogliendo le preoccupazioni più generali che avvolgono la condizione esistenziale di chi lavora, oltre la pura condizione di fabbrica. La segreteria della Fiom, riunita ieri, ha deciso – «dopo diffusi pronunciamenti delle Rsu delle principali aziende» – di «proporre una vasta mobilitazione di metalmeccanici sulle pensioni, che sia parte di una mobilitazione più vasta del mondo del lavoro, fino allo sciopero generale». I «punti fermi» dovranno essere l’aumento delle pensioni più basse, la separazione dell’assistenza dalla previdenza, l’abolizione dello «scalone Maroni», il mantenimento degli attuali coefficienti (e «il miglioramento di tale trattamento per i più giovani e precari»).
Questa tornata contrattuale prevede sia l’aspetto economico che quello normativo ed è considerata particolarmente importante perché avviene all’indomani della chiusura della vertenza del pubblico impiego, dove il governo è riuscito a strappare la «triennalizzazione» del prossimo contratto senza contropartite chiare a garanzia della copertura dell’inflazione. La principale associazione degli industriali del settore, Federmeccanica, ha colto la palla al balzo per avanzare identica richiesta (oltre a offrire molto meno sul piano salariale). Mettendo così immediatamente alla prova la determinazione dei sindacati confederali, che avevano accettato una soluzione indigesta per i «pubblici» solo «in via sperimentale» e con «caratteristiche di unicità».
La piattaforma dei metalmeccanici – la prima unitaria dopo otto anni di divisioni – non è «difensiva», nel senso che i rappresentanti sindacali si siederanno al tavolo della trattativa con un mandato «conquistare» obiettivi ben definiti, non a «concedere il meno possibile». Se tengono questo impegno, la vertenza può diventare un paradigma per l’intero movimento del lavoro. Lo scontro sarà perciò prevedibilmente durissimo.
Ne sono sembrati consapevoli i diretti interessati – i lavoratori di fabbrica – che l’hanno approvata a larghissima maggioranza (88%). Impressionanti le cifre dei votanti, in tempi di disaffezione ai riti della democrazia (e tenuto conto che l’approvazione appariva scontata): 515.755 votanti su 831mila aventi diritto. Anche ne se nessuno, probabilmente, pensa che sia la piattaforma perfetta, quella che servirebbe a rimettere in sesto il potere d’acquisto del salario, la tutela dei diritti e delle condizioni operative sui luoghi di lavoro. Il voto contrario delle Carrozzerie di Mirafiori, in questo senso, ha messo in chiaro che il disagio degli operai di linea (i «3° livello») è vicino al punto di rottura. E che il sindacato deve cambiare molto nel modo di concepire e organizzare la rappresentanza, rendendola espressione più fedele dei reparti e degli stabilimenti.
La Fiom è apparsa immediatamente più attenta a cogliere questi segnali di sfiducia, cominciando a proporre immediatamente nuove formule per l’elezione delle Rsu (ora praticamente su «liste bloccate» presentate dai sindacati). Ma soprattutto cogliendo le preoccupazioni più generali che avvolgono la condizione esistenziale di chi lavora, oltre la pura condizione di fabbrica. La segreteria della Fiom, riunita ieri, ha deciso – «dopo diffusi pronunciamenti delle Rsu delle principali aziende» – di «proporre una vasta mobilitazione di metalmeccanici sulle pensioni, che sia parte di una mobilitazione più vasta del mondo del lavoro, fino allo sciopero generale». I «punti fermi» dovranno essere l’aumento delle pensioni più basse, la separazione dell’assistenza dalla previdenza, l’abolizione dello «scalone Maroni», il mantenimento degli attuali coefficienti (e «il miglioramento di tale trattamento per i più giovani e precari»).
Fonte: Il Manifesto, 02 giugno 2007