Quando le voci restano inascoltate, e lo restano per trent’anni, è inevitabile che prima o poi alzino i toni. Era dagli anni 70 che non si vedeva un fermento tale in quanto a discussioni sulle contrattazioni e sindacati che sembrano -sembrano- spolverarsi di dosso tre decenni di immobilismo. E’ in questo clima di primavera dei diritti che si va verso uno sciopero degli statali, in programmazione per fine ottobre. Lo ha confermato il segretario generale della Funzione Pubblica Cgil Carlo Podda, spiegando che “non sarà nemmeno l’unica risposta a questa finanziaria.”
Secondo la CGIL ci sono almeno tre punti inaccettabili in questa finanziaria, nei confronti dei dipendenti statali. Prima di tutto, “questa continua ossessione a non volerci rinnovare il contratto. Poi, la mancanza di un Piano industriale da parte delle pubbliche amministrazioni, sollecitato dallo stesso governo. Infine, la questione del precariato che con questa finanziaria viene ancor di più precarizzato“.
I sindacati tutti sembra che abbiano recepito questa finanziaria come una dichiarazione di guerra piuttosto che come un tentativo di arginare alcune urgenze, senza poter intervenire su tutte.
Ciò che in tutto questo sembra invece vetusto e assume a tratti i toni di un vecchio film sui ruggenti anni 70 sono i comunicati sindacali e le incitazioni allo sciopero di venerdì. Sarà veramente efficace questo strumento ‘sciopero’ o è solo una vecchia ciabatta comoda, da tirar fuori quando ci si vuole muovere in uno spazio ben definito, ben conosciuto, senza osare troppo, senza scendere e attraversare la strada?
[Nella foto, sciopero generale a Suzzara, Mantova, 1969, i sindacati CGIL, CISL, UIL chiedono uniti tre punti di intervento: politica della casa, sanità e salari…]