Scoraggiare l’utilizzo improprio del lavoro a progetto, doveva essere questa una delle finalità del disegno di legge, approvato venerdì dal Consiglio dei ministri per integrare il protocollo sul Welfare di luglio 2007 e nell’ambito della discussione sulla finanziaria 2008. In pratica, si aumentano di nuovo le aliquote contributive. Ovvero: si prende una strada già percorsa in passato, che non è servita granché a scoraggiare lo strumento ‘collaborazione’ ed è servita semmai a incentivare lo strumento ‘stage’ con i suoi irrisori o del tutto assenti oneri contributivi. Ancora una volta la via sbagliata e il mezzo sbagliato.
Non è però tutto male quello che viene da questo disegno di legge, vediamo come.
In sostanza, dal 1° Gennaio sale dal 16 al 17% la contribuzione a favore degli iscritti che sono già pensionati o sono obbligatoriamente assicurati presso un’altra gestione previdenziale.
Sempre dal 1° gennaio, aumenta dal 23,50 al 24,50% l’aliquota complessivamente dovuta per gli iscritti che svolgono esclusivamente l’attività tutelata: collaboratori coordinati e continuativi con o senza modalità a progetto, associati in partecipazione che apportano esclusivamente attività lavorativa, lavoratori autonomi occasionali e venditori porta a porta che superano il limite reddituale di 5mila euro annui, professionisti che non hanno altre forme di previdenza obbligatoria.
Per chi non ha altre forme di assicurazione obbligatoria, l’aliquota aumenterà ancora di un punto dal 1° gennaio 2009, per raggiungere nel 2010 il 26,50 per cento.
Il rialzo della contribuzione trova riscontro nella misura delle aliquote di computo per l’accredito pensionistico che, dal 2010, sarà al 26 per cento. La differenza dello 0,50% fra l’aliquota contributiva e di computo va a finanziare le prestazioni temporanee per gli iscritti non altrimenti assicurati: indennità di maternità, malattia, assegno per il nucleo familiare.
Ciò detto, permangono i limiti che caratterizzano le prestazioni per questi lavoratori: per loro non si opera in baser al principio dell’automaticità come invece accade per il lavoro subordinato. Ne consegue che le prestazioni non spettano se i contributi non sono stati effettivamente versati.
Inoltre, pur non essendoci alcun tetto contributivo, l’accredito dell’annualità avviene solo se i contributi sono pagati su un imponibile almeno pari a quello operante per i commercianti che nel 2007 era di 13.585 euro.
Nessun cambiamento, invece, per la struttura del contributo, che è ripartito tra committente (due terzi) e collaboratore (un terzo).
Sicuramente le nuove aliquote miglioreranno i futuri assegni pensionistici sempre se calcolati con il metodo contributivo, che quantifica i trattamenti in base agli accrediti presenti sul conto previdenziale di ogni iscritto.
Il disegno di legge, al di là della manovra sulle aliquote sulla scia delle Finanziarie degli ultimi anni, contiene anche alcune misure di sostegno al reddito per chi è costretto a fare i conti con contratti “intermittenti”.
A questo fine è istituito un Fondo credito per il sostegno dell’attività intermittente dei lavoratori a progetto iscritti alla gestione separata, che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie. In queso modo, in assenza di contratto, si dovrebbe aprire loro l’accesso a un credito fino a 600 euro mensili per 12 mesi con restituzione posticipata a 24 o 36 mesi, in grado di compensare cadute di reddito. Rimane molto fumosa la modalità di attuazione…
Un aiuto sembra arrivare anche dall’allungamento del periodo di corresponsione e dall’aumento della misura dell’indennità di disoccupazione nonché dall’accredito della contribuzione figurativa ai fini pensionistici per l’intero periodo. Come? Anche qui non è chiaro, suppongo con lo stesso meccanismo adottato per i contratti dipendenti, ovvero l’iscrizione all’agenzia per l’impiego e la domanda di indennità al comune di residenza. Il che vuol dire, come succede per tutti gli altri richiedenti, mettersi in fila e ammesso che ci siano i fondi, ricevere l’indennità un anno dopo ad andare bene. Sempre, appunto, che i fondi ci siano e sappiamo invece bene che specialmente nel Mezzogiorno questi fondi sono esauriti da liste interminabili di aventi diritto.
Nell’ottica di un migliore trattamento pensionistico futuro, si prospetta tutta una serie di interventi: dalle facilitazioni alla totalizzazione dei contributi (con la somma gratuita degli spezzoni di almeno tre anni, non più di cinque) a incentivi per la ricongiunzione dei periodi assicurativi presso più gestioni. Inoltre il riscatto del periodo di studi universitari sarà possibile anche prima di iniziare a lavorare e con pagamenti diluiti in dieci anni, detraibili dalle tasse.
Infine, il disegno di legge cerca di fronteggiare il precariato nel lavoro giornalistico, come sappiamo uno dei settori dove non solo i precari abbondano ma anche le condizioni limite di lavoro e paga. Si prevede infatti che l’Inpgi (precisano però “nel rispetto del principio di autonomia“) provvede a coordinare il regime della propria gestione separata a quella Inps. Dal 1° gennaio 2011 le aliquote contributive per i giornalisti collaboratori saranno uguali a quelle degli altri lavoratori parasubordinati. L’Inpgi sarà tenuto inoltre a definire “forme di incentivazione per la stabilizzazione degli iscritti” alla gestione separata, sul modello di quanto già previsto dalla Finanziaria 2007 per le collaborazioni cosiddette “elusive”. Se questa è la strada, i contratti di lavoro subordinato derivanti dalla trasformazione della collaborazioni, dovrebbero avere durata di almeno due anni.
Quello che trovo piuttosto preoccupante dal punto di vista della realizzazione sono quelle sei paroline “nel rispetto del principio di autonomia“ che di solito sono la premessa alla mancata attuazione del provvedimento, lavandosene però le mani perché a ben vedere il provvedimento è stato preso. Si scaricherà anche in questo caso la patata bollente a un’istituzione minore che non avrà o non vorrà magari avere i mezzi e gli stimoli giusti per realizzare quanto stabilito?