Il nostro paese all’84esimo posto su 128 nazioni secondo il Global Gender Gap Report del World Economic Forum. Le italiane sono svantaggiate soprattutto nella partecipazione all’attività economica. Bassa la presenza anche nelle istituzioni politiche. Deludenti risultati anche nei parametri legati alla salute. Salvate solo dal livello di istruzione.
Il tempo passa ma la distanza non si colma. Anzi, se possibile in Italia sembra aprirsi sempre di più. Soprattutto quando si tratta di stipendi, livelli di partecipazione e accesso a professioni altamente qualificate. Ma le cose vanno male anche quando si va a vedere quante donne ricoprono un ruolo all’interno delle istituzioni politiche e se si guarda ai parametri relativi alla salute e alla sopravvivenza. Secondo il Global Gender Gap Report 2007, presentato oggi dal World Economic Forum, l’Italia figura infatti all’84esimo posto su 128 paesi presi in considerazione quest’anno.
Il rapporto, giunto alla sua terza edizione, analizza il gap in termini di opportunità che separa i due sessi e mira a premiare quei paesi dove esiste una maggiore parità e dove le risorse sono equamente distribuite. L’indice, in particolare, si sofferma sulle disuguaglianze in quattro aree cruciali: partecipazione economica al lavoro, istruzione, salute e presenza all’interno delle istituzioni politiche. Ai primi quattro posti ci sono Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda ma si trovano in alto anche la Germania (sesto posto), la Spagna (decimo posto) e il Regno Unito (undicesimo posto).
Il fenomeno delle disparità purtroppo coinvolge ogni area del pianeta, ad ogni modo, nell’ultimo anno, i primi venti paesi hanno ridotto il gap e quelle che lo hanno fatto più di tutte sono la Lituania e la Lettonia. Tra le altre nazioni dove è stato riscontrato un significativo miglioramento, c’è sicuramente la Francia che ha guadagnato la 51esima posizione (era 70esima nel 2006) grazie in particolare ai progressi delle donne nella partecipazione alle attività economiche.
Quest’anno il World Economic Forum ha ampliato l’analisi a 128 paesi coinvolgendo anche nazioni come Belize, Armenia, Cuba, Mozambico e Vietnam. Il gap complessivo per i 115 paesi che erano stati presi in esame anche l’anno scorso, è diminuito, pure se di molto poco. L’evoluzione positiva si è registrata nell’ambito della formazione, del lavoro e della politica ma le condizioni sono invece peggiorate per quanto attiene ai parametri legati alla salute.
Lo scorso anno l’Italia era alla 77esima posizione su 115 paesi. L’area in cui nel nostro paese le disparità sono più acute è quella della partecipazione economica dove l’Italia chiude al 101esimo posto superata anche da Honduras, Paraguay, Malesia e Zambia. Il rapporto del World Economic Forum individua una correlazione tra la competitività di un paese e il punteggio relativo al gap. “Paesi che non capitalizzano a pieno una metà del proprio capitale umano – ha dichiarato Laura Tyson, docente di Business Administration and Economics all’Università di Berkeley in California – corrono il rischio di minare il loro potenziale competitivo”.
Tutt’altro che confortevoli i risultati anche in ambito politico dove il nostro paese si ferma alla posizione numero 80. Nel dettaglio all’interno di questo indice si scopre che il nostro paese è all’88esimo posto per numero di donne ministro e al 56esimo se si guarda ai seggi coperti in Parlamento. Ovviamente è pari a zero il numero di anni trascorsi con un capo di stato donna. In quest’area a primeggiare sono sempre i paesi del Nord Europa ma si classificano bene, in Europa, anche la Spagna e la Germania.
Molto bassa la posizione occupata dall’Italia (82esimo posto) anche nella speciale classifica relativa ai parametri della salute. Il nostro paese mostra una minore disparità solo nell’ambito della formazione dove si attesta al 32esimo posto. In dettaglio, l’Italia guadagna la prima posizione se si guarda al tasso di partecipazione alla scuola secondaria e terziaria mentre scivoliamo al 34esimo posto se si considera il parametro della presenza di docenti nell’educazione terziaria e al 66esimo per la percentuale di insegnanti della scuola secondaria e al 96 esimo per la scuola elementare o primaria. Tra i paesi che più coltivano l’educazione femminile, l’Australia che è al primo posto, seguita dal Belgio e dal Belize.
Fonte: Corriere