Cassazione, Sez. VI Penale, sentenza n.42790 del 20/11/2007
Con la sentenza depositata in data 20 Novembre 2007, i giudici della sesta sezione penale della Suprema Corte si sono pronuncati sul ricorso proposto per erronea interpretazione della legge penale dal Procuratore Generale della Repubblica avverso la sentenza del 05.05.06 del Tribunale di Arezzo con cui era stato assolto un ragioniere che pur non essendo iscritto all’Albo aveva svolto un incarico professionale non retribuito e determinato da motivi di amicizia.
I giudici della Suprema Corte, richiamando un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, nel chiarire l’ambito applicativo della fattispecie incriminativa di cui all’articolo dell’articolo 348 c.p., hanno sottolineato che per la consumazione del reato di abusivo esercizo non è necessario il compimento di una serie di atti ma è sufficiente anche un solo “atto” così come “bastano prestazioni isolate, gratuite ed occasionali”. I giudici hanno altresì ricordato che per dirsi integrato il reato de quo non occorre la sussistenza del dolo specifico e hanno sottolineato l’irrilevanza, ai fini dell’invocazione della scriminante di cui all’articolo 50 c.p., del consenso alla prestazione abusiva da parte del destinatario della medesima tenuto conto del carattere pubblicistico e indisponibile dell’interesse leso.
Fonte: Il sole 24 Ore, 21 novembre 2007