Il testo su previdenza e lavoro assorbirà l’emendamento che blinda i lavoratori precari – Fonti del governo fanno trapelare questo compromesso come “l’unico possibile”.
Il testo uscito il 23 luglio con l’accordo di tutte le parti sociali e, in più, una nuova norma a favore dei precari, quella contenuta nel comma 4 bis dell’articolo 11 del disegno di legge che fa camminare le norme del protocollo sul lavoro, previdenza e welfare. Potrebbe essere questo il punto di mediazione trovato dal governo con la sinistra radicale da una parte e dininani, Confindustria e parti sociali dall’altra. E sarebbe, quindi, il testo su cui palazzo Chigi metterà la fiducia per far approvare entro giovedì il protocollo alla Camera e inviarlo subito al giudizio – assai più tormentato – dell’aula del Senato. Il tutto, con l’aggiunta della terza lettura della Finanziaria, dovrà essere approvato prima della pausa natalizia il 21 dicembre. Altrimenti – e questo è il vero spauracchio con cui deve fare i conti la sinistra radicale – a gennaio entra in vigore il temuto e “odiato” scalone del governo Berlusconi, quello per cui dal gennaio 2008 si va in pensione solo a 60 anni.
“Su quale testo il governo metterà la fiducia?” è la domanda che tutti si fanno da venerdì, da quando il Consiglio dei ministri ha detto sì al vincolo della fiducia: il testo uscito dalla Commissione Lavoro della Camera è stato in buona parte stravolto rispetto a quello approvato da Confindustria, sindacati e governo il 23 luglio.
Tre i capitoli su cui, soprattutto, sono intervenuti gli emendamenti della maggioranza in Commissione: lavori usuranti, contratti a tempo determinato e staff leasing. “Modifiche impossibili, non c’è la copertura finanziaria” si sono subito alzate le voci dalla stessa maggioranza. Dini e i suoi lib-dem hanno mostrato gli scuri: “Noi non la votiamo”. I deputati della Rosa nel Pugno sono stati gli unici a dire subito no giovedì quando il testo è stato votato in Commissione. Confindustria e sindacati restano attaccati al “loro” testo, quello che – tra l’altro – è stato approvato dall’82 per cento dei lavoratori chiamati ad esprimersi con il referendum.
In questo strettoia venerdì il governo ha sfoderato l’arma della fiducia. Senza dire però su quale testo: quello del 23 luglio o quello della Commissione Lavoro della Camera? Dopo un week end di ragionamenti e analisi, conteggi e proiezioni, incontri e telefonate in corso ancora in queste ore, la mediazione più probabile – confermata da esponenti del governo – riguarda i lavoratori precari, il Capo III del Protocollo (Norme in materia di mercato del lavoro) e l’articolo 11. Il governo potrebbe accogliere e fare suo il comma 4 bis che dice: “Qualora il rapporto di lavoro tra il datore di lavoro e il lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi indipendentemente dalle interruzioni tra un contratto e l’altro, il rapporto si considera a tempo indeterminato”. E poi, “un ulteriore, successivo contratto a termine tra gli stessi soggetti può essere stipulato per una volta e per una durata non superiore a otto mesi”.
Cambiano, quindi, le condizioni del lavoratore precario per cui finisce la prospettiva dei contratti a termine a oltranza e ne intravede la fine con paletti molto precisi: dopo 36 mesi di contratti a termine ci può essere una sola proroga di otto mesi. Questa norma, si fa notare, “non comporta aumenti di spesa di bilancio”. Dovrebbe accontentare la sinistra radicale, sindacati a Confindustria. Potrebbe, invece, scontentare Dini e il suo nuovo gruppo con Manzione e Bordon. Cinque voti che al Senato valgono la vita o la morte del governo.
Resta aperto poi il discorso sulla fiducia. Gennaro Migliore, capogruppo alla Camera di Rifondazione, stamani era molto arrabbiato per la minaccia della fiducia: “Noi non siamo d’accordo, si rispetti il lavoro della Commissione così come è stato rispettato quello delle parti sociali”. Fiducia-ricatto: ecco come la vede la sinistra radicale. “Se passa questo principio, prima o poi questo governo la paga, non adesso magari, ma la prossima volta è sicuro” si sfoga nel Transatlantico di Montecitorio un altro importante rappresentante della sinistra radicale.
Al di là di tutti i personalismi politici o di categoria, va detto che la fiducia risponderebbe ad un’esigenza di tempistica. Il welfare, infatti, deve lasciare l’aula di Montecitorio il 29 novembre. E sono 221 gli emendamenti arrivati in aula alle 14 di oggi. Se passa la mediazione, però, il governo potrebbe anche fare a meno della fiducia. Non è peregrina l’ipotesi che palazzo Chigi rinunci alla fiducia alla Camera contando magari su appoggi esterni, e la tenga ferma al Senato. Una strada molto barocca però possibile.
Fonte: La Repubblica, 26 Novembre 2007