Il Rapporto Eurispes 2008, presentato ieri a Roma, non lascia molti dubbi: 20 milioni di lavoratori sottopagati e una società in forte crisi economica e sociale. 20 milioni di italiani significa quasi metà degli italiani, ovvero la maggioranza di chi lavoro. Il rapporto evidenzia in particolare il divario enorme ormai creatosi tra classe politica e cittadini, che non si sentono rappresentati e tantomeno tutelati.
Se avessimo dei politici seriamente interessati alle sorti del paese, dopo aver letto il rapporto dovrebbero avere tutti la faccia dell’Urlo di Munch, invece dei sorrisetti compiaciuti per la caduta del governo o le faccette tirate per la perdita della poltrona.
Altro dato estremamente allarmante, che in qualsiasi altro paese farebbe correre ai ripari – ammesso che in altri paesi europei si possa verificare – è il notevole calo delle nascite, dovuto alla situazione dei lavoratori sotto i 40 anni, la maggior parte dei quali non è autonoma dai genitori, non ha un reddito sufficiente a formare una famiglia indipendente o se ce l’ha arranca faticosamente per arrivare a fine mese (vedi dati successivi). Il rapporto sottolinea infatti la situazione dei working poors, le famiglie che pur lavorando non riescono a garantirsi un reddito sufficiente. Aumenta il sommerso, il non dichiarato, spesso un secondo lavoro originato dalla necessità di troppi di garantirsi un reddito supplementare.
Il 32,1 per cento degli italiani, secondo il Rapporto Eurispes, vede un lieve peggioramento economico della propria famiglia, mentre il 13,7 per cento ritiene che il peggioramento sia pesante. Solo il 38,2 per cento delle famiglie riesce ad arrivare a fine mese. Si legge nel rapporto “Il totale delle persone a rischio di povertà e di quelle già comprese tra gli indigenti è allarmante, si possono stimare circa 5.100.000 nuclei familiari, all’incirca il 23 per cento delle famiglie italiane e più di 15 milioni di individui“. Di questi quasi 3 milioni sono minori di 18 anni.
Un dato ulteriormente allarmante è che gli italiani sembrano avere troppi problemi per preoccuparsi di quelli del resto del mondo: da un sondaggio dell’Eurispes sull’ambiente e l’ecologia, si legge che mentre sono informati sulla questione rifiuti in Campania, ignorano quasi del tutto la ben più grave questione del riscaldamento del pianeta.
Il rapporto Eurispes va giù pesante anche su politica e economia: la maggioranza degli italiani è ormai convinta che sia impossibile cambiare e che la classe politica, di qualsiasi schieramento, sia una sorta di setta che si passa il testimone con se stessa ad ogni cambio di legislatura. Da notare il fatto che il rapporto è stato stilato prima dell’attuale crisi di governo, quindi figuriamoci se rifacessero il sondaggio ora…
Fara, presidente Eurispes, dichiara nella conferenza stampa di ieri: “l’Italia è un Paese in ostaggio. Un Paese ormai prigioniero della propria classe politica che ha steso sulla società una rete a trame sempre più fitte impedendone ogni movimento, ogni possibilità di azione, ogni desiderio di cambiamento e di modernità, riducendo progressivamente gli spazi di democrazia e mortificando le vocazioni, i talenti, i meriti, le attese, le aspirazioni di milioni di cittadini”. Ma la frase più incredibile arriva alla fine: “La politica di oggi sta ai poteri forti e alla finanza come i bravi a Don Rodrigo e i campieri ai baroni siciliani“.
In che situazione siamo finiti se il rapporto Eurispes arriva a questi toni e a questi paragoni?!
Il maggior punto di valutazione per l’economia, da parte degli italiani, è ovviamente il proprio stipendio. Il pessimismo quindi non può che continuare a salire, visto il sempre minore potere di acquisto, così i dati ci dicono: 51,9% di pessimisti verso la situazione economica nel 2007 che arrivano ora, gennaio 2008 al 69,5 %. Una crescita che farebbe rabbrividire il governo di qualsiasi paese.
Ma sarebbe forse il caso di mettere in relazione questo dato del 69,5% di pessimismo con un altro, ovvero il milione e mezzo di lavoratori flessibili, i sette milioni di ‘mammoni’ e in generale i 20 milioni di salari irrisori, per non dire ridicoli.
I lavoratori che ormai si sono abituati al contratto a tempo determinato, con un contratto l’anno a testa, in Italia sono un milione e mezzo. Di questi, oltre il 70 per cento collabora esclusivamente con un’impresa, il che significa che non ci sarebbe bisogno di un contratto di questo tipo ma che si tratta solo di un giochetto delle imprese per sollevarsi da molti oneri. I collaboratori e assimilati, che sono circa un milione, hanno un reddito medio imponibile di 8.334 euro l’anno, e la loro età non supera i 37 anni. Per i collaboratori a progetto il reddito scende nella maggior parte dei casi sotto i 5.000 euro annui. Vogliamo quindi parlare di bamboccioni o di sottopagati?
A quanto pare i “bamboccioni” italiani sono più di 7 milioni, soprattutto maschi. Secondo il rapporto Eurispes, i giovani tra i 18 e i 34 anni che nel 2006 vivevano ancora insieme ad un genitore raggiungevano i 7 milioni e 368 mila. Questo è vero soprattutto per i 25-29enni: il 59,1 per cento dei giovani inclusi in questa fascia d’età vive ancora in famiglia e sono soprattutto uomini. Eccoli qui i mammoni italiani: solo il 40 per cento dei 20-25enni ha un lavoro, contro il 60 per cento del resto d’Europa.
Siamo mammoni o poveri?