Lavorare online in Italia è materialmente precario: Il blackout di lunedì 5 maggio.
Lavorare online pone già abbastanza dubbi fiscali, senza che ci si mettesse anche la rete italiana, che oltre ad essere lenta ora è anche a rischio blackout.
L’abbiamo sperimentato di nuovo lunedì 5 maggio quando a Milano, ore 18.00, è saltata la centralina elettrica degli uffici di via Caldera. Come immediata conseguenza, si è bloccato il MIX (Milan Internet Exchange), nodo di interconnessione di Telecom, Fastweb, Vodafone e un’altra quarantina di gestori minori. In pratica, si è trattato non solo di un blocco ‘visibile’ a tutti come quello di alcuni quotidiani online, tra cui il Corriere della Sera, La Repubblica e Il Sole 24 Ore, ma di un rallentamento marcato di tutta la rete nazionale, sebbene il problema fosse localizzato solo nel nord Italia, a Milano appunto.
Il problema diventa di queste dimensioni perché la rete italiana è centralizzata per il 60% su un solo punto di interscambio consortile, per giunta sovraccarico, una pura follia in perfetto stile Made in Italy. Questa situazione rischia di diventare un autentico pericolo, mettendo continuamente a rischio il lavoro di chi opera online o semplicemente usufruisce di strumenti professionali via internet, ovvero ormai il 70% delle imprese connesse. Si pensi banalmente anche solo ai danni che ne possono derivare a chi fa trading online. O alle perdite in pageview e quindi entrate pubblicitarie delle testate online.
Ho fatto una breve ricerca per trovare paesi con situazioni simili ovvero un solo punto di interscambio nazionale. Risultato: nessuno, nemmeno la Nigeria dove non solo il principale fornitore (NIXP) ha 8 nodi di interscambio e due in attivazione a breve, ma addirittura i provider possono scegliere a quale gestore di internet exchange affidarsi. Mentre da noi è praticamente obbligatorio passare dal MIX che, visti i risultati, sembra non avere nemmeno un sistema di sicurezza per i blackout.
Sarebbero auspicabili almeno altri 2-3 poli di interscambio, per esempio a Roma, Firenze e Napoli. Insomma, pare che a questi gestori gli si deva fare un ripassino su come funziona la rete, a partire da Arpanet 😉