Per affrontare la grave situazione del sempre più basso potere di acquisto dei lavoratori dipendenti, derivato in buona parte dai bassi redditi, il neoministro Maurizio Sacconi intende sviluppare un piano di crescita dei salari collegato strettamente alla produttività.
Sappiamo già tutti che il primo impegno preso dal presente governo è quello di detassare gli straordinari e i premi aziendali, impegno che dovrebbe essere ratificato già con il primo Consiglio dei Ministri.
Nel documento “Liberare il lavoro. Lavorare, guadagnare, crescere in una società attiva” della Fondazione Marco Biagi scritto proprio dallo stesso Ministro Sacconi (scaricabile gratuitamente qui) l’idea che ne emerge è quella di sottrarre alla progressività del prelievo fiscale tutte le parti variabili del salario collegate al lavoro straordinario, ai risultati e alla produttività, incluse le gratifiche di metà e fine anno, attraverso una detassazione agevolata. Quindi non solo detassazione degli straordinari ma anche di tredicesima, quattordicesima, bonus di presenza e benefit erogati in denaro.
Rimane però qualche dubbio sulle modalità di applicazione. Prima di tutto non è il sogno ad occhi aperti che stanno vivendo i dipendenti: per la detassazione degli straordinari deve ancora essere stabilito se ci sarà una taglio secco del 10%, come previsto dal Ddl depositato in Senato da Sacconi nella scorsa legislatura, o se si tratterà di una detassazione completa, sebbene molta stampa stia dando per scontata – erroneamente – la detassazione completa.
Quanto alla previdenza, Sacconi ha parlato di un possibile aumento dell’età pensionabile, ma non di una revisione della riforma sulle pensioni. Il che si potrebbe convertire senza dubbio non solo nella mancanza di quel ricambio generazionale di cui tanto ci sarebbe bisogno in Italia, ma anche in una maggiore scarsità di posti di lavoro, si pensi solo a quante graduatorie pubbliche verrebbero praticamente congelate dalll’aumento dell’età pensionabile, con giovani 20-30enni a casa ad aspettare che gli stanchi 65enni arrivino al livello di stanchi 70enni per lasciare finalmente liberi questi posti di lavoro. Un esempio su tutti è quello della scuola pubblica.
Non solo. Sul tema dell’occupazione il Ministro ha affermato che intende ripartire dal Libro bianco con «l’intenzione di realizzare il disegno di Marco Biagi e di creare un mercato capace di includere donne, giovani e anziani». (Il Sole 24 Ore, 9 Maggio 2008)
E i sindacati? Nel sopra citato documento per “Liberare il lavoro” Sacconi ha indicato che bisogna «semplificare la contrattazione collettiva, allungando la vigenza dei contratti, riducendo i settori e spostandone il baricentro nell’azienda e nel territorio». I tempi sono cambiati? Sembra di sì, se Sacconi si è spinto a definire «nell’ordine delle cose» un’eventuale collaborazione con il giuslavorista Pietro Ichino, peraltro eletto nelle liste del Pd.
E i precari?
Sacconi propone, per uscire dal lavoro nero, il ricorso ai voucher, ai contratti di lavoro intermittente, con il decollo della Borsa lavoro e dei servizi pubblici e privati ad essa collegati per favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta. Vi suona familiare? Lo è, si tratta del famoso vecchio contratto a chiamata. Su questo, no comment. L’uso che ne è stato fatto, ha costituito uno dei migliori mezzi per il consolidamento del precariato.
Altre proposte di Sacconi, in breve, sono:
- riduzione e rimodulazione delle aliquote delle imposte sui redditi, ampliando le detrazioni fiscali per l’educazione dei figli, la protezione dei non autosufficienti, la sanità e la previdenza complementare
- la riduzione del prelievo contributivo per l’assicurazione contro gli infortuni e per gli ammortizzatori sociali (in proporzione alle prestazioni dei diversi settori).
- Ripartizione del reddito da lavoro su tutti i familiari a carico per agevolare i nuclei numerosi.
- Modulazione degli orari di lavoro sulle esigenze delle famiglie
- Incentivazione dell’aggiornamento delle competenze
- Sostituzione dello statuto dei lavoratori con uno statuto dei lavori con «un moderno Statuto dei lavori», in cui «le tutele sono rimodulate in relazione all’effettiva debolezza del contraente e all’anzianità del rapporto del lavoro».
Non ci sono purtroppo grossi programmi per una collaborazione attiva tra lavoro e scuola, cosa di cui invece in questo Paese ci sarebbe fortemente bisogno. A tal proposito, vi invitiamo a leggere l’articolo apparso oggi sul Messaggero e sulla Stampa, nonché l’appello di Angela Padrone, giornalista e autrice di “Precari e contenti“, sulla necessità di una stretta collaborazione tra Ministero della Pubblica Istruzione e Ministero del Lavoro. Come afferma nell’articolo “Tutto il sistema dell’istruzione, a partire dalla scuola, per arrivare alle università, passando per la formazione professionale di basso, medio e alto livello, deve cominciare a conoscere e a dialogare con il mondo delle imprese. E i giovani dovrebbero essere messi in condizione di sapere, quanto meno, quale tipo di richiesta arriva dal mercato del lavoro, cosa si aspettano da loro le imprese, quali opportunità si possono aprire percorrendo strade nuove. E dovrebbero iniziare molto presto a fare conoscenza con il mondo del lavoro, possibilmente in alternanza allo studio. ” (…) “non è vero che questi due mondi non si incontrano mai: si incontrano sulla pelle di quel giovane che cerca un posto, del lavoratore che si trova escluso dal mercato, o che diventa obsoleto rispetto a una realtà tecnica e economica che cambia“