Fonte: Il Sole 24 Ore, 4 Agosto 2008 – di Sergio D’Onofrio
Dal 2009 cade il divieto di cumulo per i pensionati che lavorano . La possibilità di sommare senza limiti i redditi di lavoro e di pensione è prevista dall’articolo 19 della manovra d’estate. A beneficiare delle nuove norme saranno i pensionati di anzianità ancora soggetti a trattenute e coloro che hanno diritto ad assegni liquidati con il sistema contributivo.
Con l’eliminazione del divieto di cumulo il Governo vuole favorire la permanenza in attività dei pensionati e combattere il lavoro nero. Si conta così di compensare il mancato introito derivante dalle trattenute sulla pensione con un recupero di imposte e di contributi previdenziali.
Pensioni retributive
Nessuna novità per le pensioni di vecchiaia retributive (quelle con almeno 20 anni di versamenti), esenti da tempo da qualsiasi trattenuta. Cambia tutto invece per i pensionati di anzianità. Finora è sfuggito al divieto di cumulo solo chi ha acquisito il diritto con 40 anni di contributi o in alternativa con almeno 37 anni di versamenti a un’età minima di 58 anni.
Tutti gli altri pagano pegno. Perdono cioè l’intera pensione se si rioccupano come dipendenti, mentre se svolgono un’attività autonoma sono soggetti a una trattenuta parziale, pari al minor importo tra il 30% della quota eccedente il trattamento minimo (5.760,56 euro al mese nel 2008) e il 30% del reddito conseguito. L’Inps, infatti, fa sempre un doppio calcolo per individuare l’importo che danneggia meno il pensionato, fermo restando che in ogni caso la trattenuta non può superare il 30% del reddito conseguito.
Con l’abolizione del divieto di cumulo diventa tutto più semplice. Dal 1° gennaio i pensionati di anzianità potranno contare su un maggior reddito, tanto più elevato quanto più alti sono i guadagni e l’importo della rendita. Chi ha, per esempio, una pensione di 30mila euro e un reddito di lavoro autonomo di 25mila euro recupera qualcosa come 7.272 euro all’anno. Per non parlare di chi potrà lavorare in futuro anche come dipendente, visto che non corre più il rischio di vedersi “confiscata” come ora l’intera pensione.
Per i trattamenti retributivi il divieto di cumulo resta in piedi solo per i dipendenti pubblici che sono stati riammessi in servizio presso la Pubblica amministrazione. La manovra conferma una vecchia norma (articolo 4, Dpr 758/65) che prevede la sospensione dell’assegno fino alla cessazione del l’attività.
Pensioni contributive
Dal 1° gennaio del 2009 il divieto di cumulo viene eliminato anche sulle pensioni nuove, cioè quelle contributive acquisite con versamenti effettuati dal 1996 in poi. Il vantaggio non è di poco conto, visto che finora sono state sempre soggette a un taglio, sia pure graduato in base all’età in cui viene chiesto l’assegno. Chi ha meno di 63 anni di età perde, infatti, tutta la pensione se si rioccupa come dipendente, mentre se svolge un’attività autonoma ci rimette il 50% della quota eccedente il minimo Inps. Dai 63 anni in poi il prelievo si alleggerisce per i dipendenti che usufruiscono dello stesso regime di cumulo degli autonomi.
Con le nuove regole le pensioni contributive vecchie e nuove diventano interamente cumulabili con qualsiasi reddito di lavoro, se acquisite con 40 anni di contributi o al compimento dell’età pensionabile, cioè a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne.
Nessuna trattenuta verrà effettuata inoltre prima di tale età se il soggetto ha raggiunto il diritto alla pensione con i nuovi requisiti di età e di contribuzione previsti dalla legge 247/07 sul Welfare.
Superstititi e invalidi
Le nuove norme introdotte dalla manovra non modificano l’attuale regime di cumulo per i titolari di pensioni di invalidità e di reversibilità. Restano quindi le restrizioni della riforma Dini, che impongono un taglio progressivo dell’assegno se gli altri redditi superano un determinato importo. Non sono comunque previste trattenute per le pensioni di reversibilità di cui i coniugi superstiti siano titolari assieme ai figli.