La conferma dell’obbligo scolastico a 16 anni e la chiusura a settembre delle Scuole di specializzazione per la formazione degli insegnanti. Il maxiemendamento del Governo alla manovra d’estate, su cui ieri la Camera ha votato la fiducia, aggiunge pochi ritocchi rispetto a un quadro complessivo di interventi di contenimento della spesa che, da qui al 2012, dovrebbero portare al taglio di quasi 90mila docenti, una riduzione del 17% del personale amministrativo e ausiliario e un assottigliamento del budget complessivo che parte dai 456 milioni di risparmi per il 2009 fino ad arrivare a 3,118 miliardi del 2012.
In questo contesto la novità arriva invece dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che in un’intervista al Corriere ha annunciato incentivi per ridurre la mobilità degli insegnanti e assicurare una continuità didattica di almeno cinque anni, «un intero ciclo scolastico». La proposta prende le mosse dalla polemica aperta dal ministro delle Riforme per il Federalismo, Umberto Bossi, sui docenti del Sud privi «di cultura veneta o lombarda che insegnano nelle scuole del Nord», e cerca di fare un passo avanti. C’è l’obiettivo dell’autonomia scolastica ancora da raggiungere, la centralità delle circolari ministeriali da superare e, soprattutto,l’eccessiva mobilità dei docenti «che influisce negativamente sull’apprendimento degli studenti».
Il piano allo studio del ministro potrebbe essere attuato con un’intesa che prevede l’allungamento del contratto sulla mobilità, oggi a cadenza annuale, e trova una disponibilità di principio dei sindacati. Secondo Massimo Di Menna, responsabile scuola della Uil, per incentivare la stabilità «si può utilizzare il contratto di settore e si può pensare a conferme pluriennali per il personale precario con contratti che coprono l’intero anno scolastico». Si tratta di circa 50mila docenti iscritti nelle graduatorie permanenti (su un totale di circa 300mila). Oltre alla durata del contratto, poi, si potrebbe intervenire sulla definizione degli organici dei singoli istituti, stabiliti annualmente sulla base delle stime degli alunni iscritti: «In questo caso con un allungamento dei tempi di rinnovo degli organici – aggiunge Di Menna – si può ridurre la mobilità forzata di insegnanti che un posto ce l’hanno ormai da anni ma che si vedono costretti a cambiare scuola».
Per sperimentare questa riorganizzazione resta tuttavia da sciogliere il nodo delle risorse. Due settimane fa il ministro ha firmato il decreto (n.61), che prevede l’immissione in ruolo di 32mila precari (25mila docenti e 7mila amministrativi). Una mossa che risponde almeno in parte agli impegni presi dal precedente Governo (Finanziaria 2007) e che garantisce la copertura del 48% dei posti vacanti. Ma che rischia di trasformarsi nell’ultima apertura prima del piano-tagli. Ieri il segretario confederale della Cisl, Giorgio Santini, è tornato a chiedere una convocazione da parte del ministro: «Non si può partire dai tagli del personale per poi procedere al riordino del sistema scolastico». Prima di discutere dei contratti di settore, aggiungono i sindacati, si tratta di capire se verrà rinnovato il contratto del pubblico impiego per il 2008-2009: «Si tratta di coprire l’inflazione – dice ancora Di Menna – e in sede Aran sono stati proposti 8 euro lordi per quest’anno e 60 per l’anno prossimo. Su uno stipendio medio di 1.300 euro di un insegnante non è moltissimo». E fuori dal contratto, il ministero può contare su ben poche risorse per sostenere gli eventuali incentivi contro la mobilità eccessiva degli insegnanti. Nel 2007, secondo la Commissione tecnica per la finanza pubblica presieduta da Gilberto Muraro, un budget di 42 miliardi risultava vincolato per il 96% in spesa corrente per il personale; le risorse sotto la diretta responsabilità del ministro si fermavano a 800 milioni.
Fonte: Il Sole 24 Ore, 10 agosto 2008