Riportiamo questo interessante articolo di Andrea Gatta su CronacaQui, segnalatoci da Fausto Intilla. Si parla di calo della produzione dell’80% negli ultimi due mesi e di imprenditori che non hanno mai visto una situazione del genere in 25 anni di attività. Viene anche data voce a tutte quelle aziende che stanno lottando per non lasciare a casa i loro operai, spesso specializzati, spesso formati da loro stessi. E’ la lotta di aziende senza il diritto alla cassa integrazione che però hanno investito sul proprio personale per formarlo ed essere competitive sul mercato. Ma vengono ‘premiati’ solo i colossi che in realtà di investimento ne hanno sempre fatto ben poco e che non hanno problemi a lasciare a casa i dipendenti alle prime avvisaglie della crisi.
Di seguito l’articolo completo:
<< I dipendenti sono tutti ingegneri, tecnici, consulenti. Progettano parti di automobili: si occupano di carrozzeria, motori, componenti, stampi, attrezzature. Lavorano con software che costano anche 25mila euro e richiedono una manutenzione di 300-400 euro al mese. C’è la piccola azienda specializzata in pinze per robot, quella in montanti per le porte, quella che fornisce consulenze esterne. Le commesse arrivano quasi tutte direttamente da Fiat o, indirettamente, dal fabbricante del componente.
Una miriade di piccole aziende, 250-300 solo nel torinese per circa 3mila lavoratori, che ora rischiano di chiudere i battenti trascinate dalla crisi dell’automotive. In tutta Italia sono circa 6mila: praticamente 20 volte il caso della Motorola «Non ci sono commesse» spiega preoccupato Valter Maccantelli, imprenditore, portavoce di Indicta (Iniziativa per la difesa della cultura e la tecnologia dell’auto), l’associazione che una trentina di imprese della filiera hanno costituito da pochissimi giorni, con tanto di sito Internet e forum. «Non ci sono commesse e siamo quasi fermi, nella mia azienda lavorano in 2 su 10. È la prima volta che mi capita in 25 anni» continua.
I dati sono inquietanti, perché si calcola che le imprese dell’indotto (tutte fra i 3 e i 40 addetti) abbiano diminuito dell’80 per cento il proprio fatturato negli ultimi 2 mesi. Eppure, ancora nel primo semestre 2008, le domanda era in crescita e le assunzioni fioccavano. Le prime della crisi avvisaglie sono arrivate dopo le ferie estive, poi il crollo a cavallo delle vacanze di Natale. Oltretutto, si tratta di aziende che non hanno diritto alla cassa integrazione e dove l’unica speranza dei lavoratori si chiama cassa in deroga. I cui fondi, e la cui ripartizione, sono oggetto di discussione a livello Stato-Regioni. Nel frattempo o le aziende anticipano i soldi o i dipendenti sono costretti a prendersi ferie e permessi, in mancanza di lavoro vero. Il licenziamento è una prospettiva che le stesse aziende fanno di tutto per evitare. Perché in questo mondo iper-specializzato il patrimonio delle imprese è il know-how, il bagaglio di conoscenze che i lavoratori hanno acquisito in anni e anni di formazione. I cicli progettuali durano 2-3-4 anni, i semplici contratti di apprendistato, per dare un’idea, posso durare 48 mesi.
«Se perdiamo queste persone e questa conoscenza, come faremo una volta passata la crisi? – è il vero senso dell’allarme lanciato da Maccantelli -. Noi proviamo a resistere qualche mese poi non so come faremo. È evidente che le auto continueranno ad essere costruite ancora. Facciamo in modo che vengano costruite qui, che Torino resti la capitale dell’auto». Per passare dalle lamentele alla pratica, l’associazione Indicta ha inviato una lettera a 2mila fra parlamentari, assessori e consiglieri degli enti locali. Perchè, come commenta Paolo Antoniazzi, un altro imprenditore dell’associazione, «non si può morire in silenzio». Gli incentivi vanno bene, dicono, e la cassa integrazione è fondamentale. Ma per uscire dalla situazione serve costituire una strategia comune, «una forma concordata, una “protezione”, quasi uno scudo lavorativo che preservi il territorio». Le proposte abbozzate dall’associazione sono tante: dalla richiesta di facilitare l’accesso al credito, alla penalizzazione per chi delocalizza a livello di know-how, all’abolizione dell’anticipo dell’Iva sulle fatture da incassare. Un provvedimento, assicurano all’associazione, che amplierebbe del 30-40% le disponiblità economiche delle aziende.
E qualcosa ha iniziato a muoversi anche a livello istituzionale. In Regione, il presidente della commissione Lavoro Juri Bossuto (Prc) ha già sollecitato la costituzione di un tavolo di regia regionale, oltre a mettere in calendario l’audizione del comitato Indicta. In Comune la stessa iniziativa è stata intrapresa dall’esponente de La Destra, Giuseppe Lonero. >>
Foto I Flickr