Questa storia è apparsa ieri sul Sole 24 Ore. E’ un buon esempio di coraggio e grinta da parte di una quarantenne che si trova da un giorno all’altro disoccupata. Un esempio da seguire attentamente, un’alternativa ai girotondi infiniti di colloqui. Vediamo come.
<< Luigina Ferraro, 42 anni, la sua carriera l’ha realizzata nel mondo della finanza. Un percorso pieno di soddisfazioni che, passando attraverso diversi incarichi in società differenti, l’ha portata a diventare dirigente piuttosto giovane: a 37 anni. Una strada, insomma, in ascesa, fino allo stop inatteso. Fino a quando, nel dicembre di due anni fa, il gruppo per cui lavorava ha dismesso l’attività d’investimento e lei ha perso il suo posto di lavoro.
«Dopo qualche mese, nel maggio del 2008 – dice con voce calma – ero “fuori”. È stato un passaggio traumatico. Soprattutto per chi, come me, dopo la laurea e un master in gestione aziendale ha da subito puntato molto sul lavoro, sull’attività professionale. Mai avrei pensato che, un giorno, qualcuno mi dicesse di andarmene via». Già: andarsene via, perdere il lavoro. Una situazione che, al di là della retorica dell’occasione-per-rimettersi-in-gioco, resta un momento drammatico della propria esistenza. Un momento dove «la rete di amicizie, la famiglia offrono un primo sostegno fondamentale. E dove, però, bisogna obbligarsi a dire che la propria vita non finisce. Che non si deve cadere nella commiserazione: bisogna andare avanti e trovare altre soluzioni». Altre soluzioni: certo, possono trovarsi. E certo, si dirà: Luigina Ferraro ha perso il posto prima dell’arrivo della crisi più dura, più profonda. Ha avuto più tempo di altri. Ma ora la recessione, comunque, c’è. E i problemi non mancano.
I suoi obiettivi non sono un target eccessivo? «Non nego sia dura per tutti. Ma la molla deve comunque scattare. Io, dopo questa esperienza, mi sono detta: mai più nelle “mani” di qualcun altro. Mai più dipendere da un datore di lavoro. Mi rendo conto che non tutti possono fare un discorso simile. Tuttavia, chi ha delle competenze deve sfruttarle e, soprattutto, deve rilanciarsi sul fronte della qualificazione professionale. Almeno, io ho fatto così». In che modo? «In maniera molto pragmatica, pensando a quali possono essere, partendo dalle proprie competenze, i settori che offrono opportunità. Per esempio, la finanza non è certo un’area cui guardare adesso. Molti head-hunter mi dicono che, da quel settore, sono in uscita moltissimi giovani di talento che dovranno imparare a reinventarsi un mestiere».
Ma quale la strada da seguire? «Io parlo per la mia esperienza. Ho valutato che la consulenza aziendale nel retail, nella moda offre delle opportunità. Così ho deciso di conseguire un master in Marketing dei beni di lusso. Allo stesso tempo, però, credo sia necessario aprire la propria mente ad altre discipline, in un ottica multi-settoriale». E quindi? «Quindi, ho iniziato a seguire un corso di laurea di Psicologia cognitiva all’università Statale di Milano». Al di là dell’ulteriore formazione, la sua attività ha iniziato a dare frutti? «Sì, incomincio a ricevere i primi mandati. Ovviamente ci vuole del tempo ma inizio ad ingranare. Mi ha molto aiutato anche la rete di conoscenze che mi sono creata nel tempo con il precedente lavoro».
Neanche per un attimo ha pensato di vivere il classico anno “sabbatico”? «No. Anche se, in un certo senso, sarebbe stato facile». Perché? «Una donna che perde il lavoro è in qualche modo “accettata” meglio dalla società rispetto ad un uomo disoccupato. E’ considerata una situazione meno grave». Come dire che, nell’Italia del 2009, anche in attività qualificate, l’idea che sia solo l’uomo a dovere fare fronte alle finanze famigliari è dura a morire. Se una donna non ha più un reddito: bé si dice… c’è chi pensa a lei. «Mio marito, ovviamente, mi ha aiutato ma ho deciso di ripartire subito, da sola. È stata dura, difficile ma ci si può riuscire». >>
di Vittorio Carlini, Il Sole 24 Ore, 25 Febbraio 2009