A quanto pare sta per arrivare un biennio davvero nero per quanto riguarda le assunzioni e i concorsi nell’Università.
Nel 2010 ci saranno 17 atenei su 57 che non potranno effettuare nuove assunzioni, sostiene la Flc Cgil. I dati provengono dal taglio operato dal governo attraverso la Finanziaria sui fondi destinati alle università italiane. Entro il 2013 il “Fondo per il finanziamento ordinario degli atenei” subirà un taglio del 7%. I tagli del fondo sono consistenti: meno 455 milioni entro il 2013.
Intanto però gli stipendi di professori, ricercatori e personale amministrativo cresceranno e parecchi atenei supereranno il tetto stabilito dal ministro Mariastella Gelmini per individuare le università virtuose: quelle che appunto potranno permettersi di assumere nuovo personale.
Se poi non bastasse questo, ricordiamo che a gennaio, per spingere le università a spendere in modo più oculato i fondi statali, è stato varato un provvedimento che blocca le assunzioni negli atenei in cui il rapporto fra spesa per il personale e Fondo per il finanziamento ordinario supererà il 90 per cento.
“La tabella – spiegano dalla CGIL- è necessariamente indicativa ma è costruita in modo da presentare una lettura prudenziale: eventuali scostamenti possono solo essere in peggio”. Diciassette atenei ovvero Firenze, Pisa, Tor Vergata, Perugia, Pavia, Siena, Trieste, Modena, Udine, L’Aquila, Insubria, Tuscia, Orientale di Napoli, Basilicata, Cassino, Molise e Mediterranea sforeranno il tetto. Altre due, Camerino e Genova, sempre secondo la Flc CGIL, “si avvicinano pericolosamente al limite”.
Le previsioni sono ancora più cupe per il 2011. Gli atenei “spendaccioni” saliranno a 37 travolgendo l’intero sistema universitario che, “in assenza di correttivi sostanziali, nel giro di pochissimo tempo, si troverà nell’impossibilità di rinnovare il proprio personale che cesserà dal servizio“. La previsione è che “un’intera generazione di studiosi verrà bruciata e il Paese verrà condannato a una marginalità sullo scenario internazionale ed europeo“.
Secondo Salvo Intravaia, su La Repubblica, “Per salvarsi dal blocco del turn-over i singoli atenei dovranno sperare che tanti docenti vadano in pensione. In effetti l’età media di prof e ricercatori universitari è piuttosto elevata (51 anni), soprattutto se confrontata con quella degli altri Paesi europei. Sono i docenti all’apice della carriera (i professori ordinari) che, carta d’identità alla mano, fanno registrare il record. In Italia, metà degli ordinari ha superato i 60 anni e quasi otto docenti su 100 hanno spento almeno 70 candeline. Nei prossimi anni parecchi di loro andranno in pensione e le relative università potranno ritornare virtuose. Ma non potranno rimpiazzare chi si è ritirato se non in parte, pena l’inclusione nel girone degli “spendaccioni”. “