La differenziazione territoriale dei salari o “gabbie salariali” è sostanzialmente un limite di massimo e minimo degli stipendi rapportato al costo della vita su un determinato territorio. In pratica l’autorizzazione legale per un’azienda a pagare meno i lavoratori che vivono in zone considerate a basso costo della vita.
Questo sistema, che viene adesso sbandierato da diverse parti politiche, non è nuovo per l’Italia. Infatti è stato applicato dal 1954 al 1969, anno in cui è stato abolito per la ferma opposizione dei sindacati. Dal 1954 al 1969 però esistevano le cosiddette “tabelle salariali”, tecnicamente dei differenziali retributivi per macro aree geografiche contemplati dagli accordi interconfederali. In base a questo meccanismo, i livelli salariali erano minori al Sud rispetto al Nord, rispecchiando così il diverso livello del costo della vita.
Chi ne beneficiava? Solo grandi aziende, come la FIAT, che pagavano gli operai del sud meno degli operai al nord. Lo stesso operaio con la stessa qualifica, poteva guadagnare molto meno lavorando a Termini Imerese rispetto a Mirafiori. Al tempo delle gabbie salariali, un’azienda poteva pagare il lavoratore del sud dal 20 al 29% in meno rispetto al lavoratore del nord.
Chi non ne beneficiava? I dipendenti. Se infatti il costo della vita al sud, determinato tramite il ‘paniere’ Istat, può risultare inferiore, è anche vero che al sud c’è molta carenza di strutture e servizi. Quindi, se l’operaio di Termini Imerese paga il pacco di pasta 10 cent in meno dell’operaio di Mirafiori, è anche vero però che l’operaio di Termini Imerese, quando ha bisogno una cura specialistica o peggio un’operazione, nella maggioranza dei casi deve rivolgersi a costosi specialisti o alle ASL del nord Italia, con costi nettamente alti da sostenere. Avere lo stipendio decurtato del 20-29% non aiutava 40 anni fa e non aiuterebbe oggi.
Anche dal punto di vista ideologico la questione è sbagliata: l’azienda deve pagare in base al lavoro svolto. E’ sbagliato il concetto di retribuzione legata alle condizioni economiche del lavoratore, altrimenti sulla stessa logica si possono abbassare gli stipendi a coloro che vivono in casa con i genitori, oppure a chi è ricco di famiglia.
Ma il governo italiano, su un’idea della Lega, sostiene invece che «tutti condividono l’esigenza di rapportare retribuzione e costo della vita al territorio. Legare i salari ai diversi livelli del costo della vita fra Sud e Nord risponde a criteri di razionalità economica e di giustizia» (Il Sole 24 Ore, 9 agosto 2009).
La questione è veramente pericolosa, soprattutto per i lavoratori del sud. Se verrà approvato un sistema di questo genere, le condizioni dei lavoratori del sud subiranno un ulteriore affossamento, rendendoli sempre più schiavi e dipendenti, lontani dallo sviluppo concreto che potrebbero invece attuare.