Mentre la televisione nazionale continua a parlare di ripresa, si allunga invece l’elenco delle aziende che in questo mese non riaprono i battenti. Nuovo caso, in difficoltà già da tempo ma con tutte le carte in regola per riprendersi è l’azienda di Daniela Bonacina. La loro produzione erano le sfere d’acciaio, usate ovunque, dalle confezioni di smalto (la pallina interna anti-coagulante), alle ruote delle biciclette, a migliaia di macchinari per l’industria.
Chiude, perché come denuncia la stessa imprenditrice, da una parte la concorrenza cinese ha libero mercato in Italia, dove al contrario di altri Paesi UE non ci sono freni all’importazione. Dall’altra parte, si trovano schiacciati da crediti esosi, al limite dello strozzinaggio che sono impossibili da sostenere per qualsiasi produttore, come ha spiegato in prima persona al Sole 24 Ore, puntando il dito particolarmente verso Unicredit.
Si è sfogata, Daniela Bonacina, con il Sole 24 Ore: ” contro i cinesi è una partita persa, visto che riescono a vendere a un terzo dei costi italiani.” […] “non ce la fanno più a sostenere i costi dell’energia più alti d’Europa (Irlanda esclusa) per far girare i voraci motori ad alta potenza. Sono stufi di pagare fior di quattrini e riempire pagine di formulari per gli sfridi di acciaio, che una volta erano riciclati nelle fonderie e ora, classificati come rifiuti industriali non pericolosi, sono una fonte inenarrabile di lavoro, burocrazia e fatture da pagare a suon di migliaia di euro per materiale che potrebbe essere adeguatamente riciclato. Non ce la fanno più a far partire i camion dalla Brianza, dove è più facile arrancare a dieci chilometri all’ora invece di “correre” a 60, senza sapere quando le consegne saranno effettuate.” […]
E ancora, la tenaglia delle banche: spiega che dovevano pagare a UniCredit altissime commissioni di massimo scoperto anche quando non superavano i limiti previsti e nonostante le proteste non è stato possibile uscire da poche righe in corpo 4 nei contratti. Ma non è stata solo Unicredit: Intesa Sanpaolo gli ha chiuso le linee al minimo segnale di difficoltà dopo 62 anni di pagamenti puntuali. Solo le banche territoriali, spiega la Bonacina, come il Banco di Desio, hanno capito i problemi e la volontà di andare avanti, ma non è bastato e la morsa delle altre non era fronteggiabile.
Non ultimo, i tanto promessi aiuti statali per loro non sono mai arrivati.”Zero assoluto. Non abbiamo avuto un euro in tutti gli anni d’attività e nemmeno un euro in occasione del click day. Quando abbiamo chiesto interventi pubblici per la questione dei rifiuti o per frenare l’import cinese abbiamo trovato parole, poche promesse e nessun aiuto concreto”
Così, dopo oltre 60 anni di impresa e produzione di livello, la Bbsfere di Carate Brianza chiude. Restano a casa 100 adetti, più i fratelli Bonacina con le rispettive famiglie. Si ferma una produzione di circa 20 tonnellate di sfere in tutti i materiali, ferro, acciaio al Cromo e Carbonio, acciai Inox, metalli non ferrosi e leghe speciali, in ogni diametro e grado di precisione. Si ferma un altro pezzo di Brianza, cuore produttivo della motrice italiana Lombardia.
Se questa si può chiamare ripresa… ci sarebbe da chiederlo alle nuove cento famiglie di ex dipendenti della BB Sfere, come alle oltre 200.00 che solo questo mese si ritrovano senza lavoro e vanno ad allungare le fila di chi percepisce cigs, cigo, contributo disoccupazione ma che tra pochi mesi non percepirà più nulla.
Ci sarebbe da chiederlo a questi imprenditori, che devono chiudere arrabbiati, disillusi e umiliati da un sistema che non fa impresa.
Più che ripresa, un bollettino di guerra.