In questo articolo del Sole 24 Ore si parla di 10 mosse vincenti per rilanciare le pmi.
Tra i punti chiave, il contratto di rete (al primo posto!) . Di cosa si tratta? Nell’intenzione del legislatore, si tratta di un nuovo negozio giuridico a disposizione di imprese che, pur rimanendo autonome, decidano di collaborare allo scopo di migliorare capacità innovativa e competitività sul mercato. Uno strumento agile, utile alle pmi per realizzare, in forma aggregata, progetti volti ad accrescere le reciproche capacità innovative.
Ma nella realtà il contratto di rete funziona? E, soprattutto, funziona?
Fabrizio Cafaggi afferma che “la funzione principale del contratto di rete è la definizione di regole dispositive, dunque derogabili dalle parti, attraverso cui le imprese, rimanendo indipendenti, possono realizzare progetti industriali comuni, diretti in particolare ad accrescere la capacità innovativa e la competitività. Costituisce un modello complementare a quello che realizza aggregazioni proprietarie tramite fusioni ed acquisizioni. Consente una crescita per via contrattuale anche in presenza di una compagine proprietaria ristretta. Il contratto di rete può consentire alle filiere di subfornitura, lunghe e spesso collocate in diversi paesi, di realizzare forme di coordinamento migliori di quelle conseguibili attraverso contratti bilaterali che uniscono a due a due gli anelli della filiera. Tale frammentazione accresce infatti i rischi di dispersione della conoscenza e quelli di opportunismo, moltiplicando i costi di controllo. Esso presenta un’opportunità specialmente per le imprese che, non disponendo di forte potere di mercato, non riescono a conseguire sufficiente protezione rispetto ai vertici della filiera.” (in Contratto di rete, strumento per la crescita?)
Ranalli, intervistando il giurista Compi, su ItaliaOggi del 24.06.2009 aveva però già bacchettato alcune montagne burocratiche create dalla nuova formula del contratto di rete. Scriveva infatti che “La normativa introdotta presenta, però, anche limiti e difficoltà. Il contratto di rete deve essere per atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve essere iscritto nei registri delle camere di commercio di tutti i luoghi in cui hanno sede le imprese che ne fanno parte. «Questo significa», afferma Corapi, «che se ci sono dieci imprese partecipanti in dieci località diverse, bisogna andare a iscrivere il contratto in dieci diverse camere di commercio. Basterebbe poter prevedere l’iscrizione in una sola sede».
Nel complesso, comunque, è una legge che favorisce l’innovazione anche se, alla moda italiana, introduce ulteriori obblighi burocratici. Lucida e chiara la valutazione che dà infine Carfaggi riassumento i buchi di questa disciplina “Le imprese hanno bisogno di strumenti certi ed una disciplina così lacunosa affida, in ultima analisi, al giudice in sede di contenzioso il compito di integrare la lacune. Con i tempi della giustizia civile questo è un rischio che le imprese italiane non vorranno correre.”
Sembrerebbe quindi che non ci siamo proprio… da dove, quindi, l’idea che possa essere la prima dell’elenco tra le dieci mosse vincenti per rilanciare le pmi? Per chi volesse illuminarsi con le seguenti 9 mosse vincenti, l’articolo è qui.