“Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.” E’ l’incipit della lettera, dura e appassionata che il Direttore Generale della LUISS, Libera Universtià Internazionale degli Studi Sociali, ha scritto al figlio in procinto di laurearsi.
Parliamo spesso di questo argomento, anche con esempi concreti di chi ha trovato lavoro all’estero e ci racconta la sua esperienza. Ma non saremo forse diventati troppo sognatori?
La situazione fuori dall’Italia è sicuramente migliore in molti campi, ma “quanto” sia migliore non se lo chiede mai nessuno prima di partire. Si inseguono sogni o possibilità concrete?
Una grossa fetta dei ricercatori che vanno all’estero vedono immediatamente stipendi più alti e strutture migliori ma devono confrontarsi con due aspetti non proprio ottimali: una molto maggiore competitività e, per chi emigra negli USA, un livello di preparazione nettamente inferiore, con colleghi spesso più preparati a risolvere test e fornire resoconti che a far progredire il proprio progetto. Vi sono inoltre altri paesi europei dove il clientelarismo e la raccomandazione giusta giocano un ruolo simile a quello italiano, un esempio su tutti è l’Inghilterra. Certo, non è ai livelli italiani e si entra anche senza raccomandazioni, ma si procede con quelle o con l’amicizia di chi è a un grado più alto. Lo scopre in fretta chi arriva in questi paesi con tanti sogni nel cassetto e si ritrova in una situazione simile a quella italiana.
Senza contare che, al di fuori della ricerca, con l’attuale crisi di lavoro a livello mondiale, chi emigra per trovare lavoro non è visto proprio benissimo e spesso le proteste sono contro i lavoratori stranieri che ‘rubano’ lavoro ai locali, come nel caso della protesta dei lavoratori inglesi di pochi mesi fa che innalzarono striscioni con scritto “Fuori gli italiani! I posti inglesi ai lavoratori inglesi!”
Puntare sull’estero per la propria carriera professionale non è sbagliato, anzi, ma non bisogna aspettarsi di trovare dall’altra parte una situazione meravigliosa. E’ un po’ meglio.
Quante possibilità ci sono però di restare qui e cambiare le cose?
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