In sordina, le regole del gioco cambiano. Praticamente dal gennaio 2010 se si fattura a soggetti residenti fuori dall’Italia non va inserita la voce IVA. In realtà però la situazione è parecchio confusa e chi si trova ora a dover fatturare verso altri Paesi UE rimane nell’incertezza: seguire la legge italiana (fatturazione servizi con IVA) o la direttiva comunitaria adottata di recente dall’Italia ma di cui non esiste decreto, quindi non sarebbe teoricamente ancora ufficiale (fatturazione servizi senza applicazione di IVA).
Secondo Il Sole 24 Ore “La legislazione nazionale in materia di Iva deve essere adeguata alle norme comunitarie contenute in tre direttive. La direttiva 2008/8/Ce del 12 febbraio 2008 ha apportato significative modifiche alla direttiva 2006/112/Ce, riscrivendo tutte le norme concernenti la territorialità delle prestazioni di servizi. Essa ha fissato regole comuni che determinano una diversa norma generale di tassazione dei servizi, dettando una nuova mappa di territorialità dell’Iva. Sempre il 12 febbraio 2008 è stata approvata dal Consiglio Ue la direttiva 2008/9/Ce, che fissa nuove norme per i rimborsi Iva a soggetti non residenti e interviene anch’essa con modifiche sostanziali e procedurali sulla direttiva 2006/112/Ce. Qualche mese dopo, la direttiva 2008/117/Ce del 16 dicembre 2008 ha modificato ancora la direttiva di rifusione e ha completato il quadro con l’introduzione di nuove disposizioni per controlli più rigorosi che tendono a ridurre le frodi connesse al traffico delle merci e dei servizi all’interno della Ue. Per raggiungere questo scopo è stato esteso l’obbligo di riepilogare nei modelli Intrastat anche le prestazioni di servizi ed è stato previsto che, di regola, la trasmissione dei dati avvenga mensilmente, con limitate eccezioni.” (qui l’articolo completo)