Abbiamo lasciato prima delle feste natalizie i lavoratori Alcoa in attesa di un accordo e quelli della Fiat di Termini Imerese con l’annuncio che da dicembre 2011 lo stabilimento chiuderà definitivamente. Il 7 gennaio con la riapertura post-festiva ha cominciato a muoversi qualcosa.
Per quanto riguarda Alcoa, il 7 gennaio si è svolta la verifica sul costo dell’energia per gli stabilimenti per gli stabilimenti italiani, presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Oltre a Governo, azienda, sindacati e istituzioni locali, erano presenti l’Autorità per l’energia e Terna. Secondo la FIOM CGIL, tutte le autorità competenti hanno riconosciuto che l’applicazione delle misure predisposte dal Governo portano, a partire dall’1 gennaio 2010, ad un costo dell’energia compreso in una forbice tra i 28 e i 32 Euro/Mwh, quindi, completamente allineati con quelli medi europei. Pertanto il Governo sembrerebbe aver risposto in modo efficace alle richieste poste da Alcoa e sostenute dalle Organizzazioni Sindacali.
La questione dei costi dell’energia per Alcoa è quindi risolta, assieme a quella di altre 70 aziende con alti consumi energetici, che hanno presentato domanda per accedere a questi nuovi strumenti. Ma Alcoa non ha voluto riconoscere questi risultati. L’azienda sostiene che permarrebbero ancora aspetti critici che potrebbero non garantire nel tempo questi risultati, a partire dalla verifica di legittimità della Commissione Europea. Secondo il Governo questa eventualità non sussiste in quando non si tratta evidentemente di aiuti di Stato. L’azienda ha chiesto di avere ancora una decina di giorni di tempo per ulteriori verifiche, ma contemporaneamente intende avviare immediatamente la procedura per la Cassa integrazione per i lavoratori dei due stabilimenti di Portovesme e Fusina. Secondo la FIOM “risulta evidente quindi la strumentalità degli argomenti dell’azienda e la volontà di un suo disimpegno produttivo in Italia e la malcelata intenzione di chiudere gli stabilimenti.”
Per le Organizzazioni Sindacali infatti, resta fermo il rifiuto di accedere alla Cassa integrazione e alla fermata degli impianti che metterebbe a rischio la ripresa produttiva nei due siti in Italia e chiedono che, assieme al Ministero dello Sviluppo Economico, il Governo ai massimi livelli politici si attivi per costringere Alcoa a mantenere l’impegno produttivo in Italia e garantire in ogni modo la continuità produttiva dei siti di Portovesme (Carbonia-Iglesias) e Fusina (Venezia).
Per quanto riguarda invece la Fiat di Termini Imerese, il 7 gennaio si è riunito l’Esecutivo del Coordinamento nazionale del Gruppo Fiat per esaminare la situazione dopo la presentazione del Piano Industriale nell’incontro del 22 dicembre a Palazzo Chigi. La Fiom ha ribadito il giudizio complessivamente negativo sul Piano, poiché per l’insieme dei Settori (auto, veicoli commerciali e industriali, macchine agricole e movimento terra, motori e componentistica) non prevede condizioni di sviluppo. Secondo il sindacato infatti, la decisione di Fiat di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese, che si somma agli annunci di cessazione di Arese e di Imola, è inaccettabile e svela la volontà del Gruppo Fiat di ridurre la produzione di autoveicoli in Italia, con pesanti ricadute occupazionali su tutta la filiera produttiva e la componentistica.
La Fiom denuncia, nello stesso tempo, il comportamento della Fiat che sta affrontando la crisi senza assumersi alcuna responsabilità sociale: continuando a cacciare i lavoratori precari (ultimi in ordine di tempo a Pomigliano e nella logistica), non integrando sotto alcuna forma il trattamento di Cig, volendo ancora ridurre il Premio di Risultato, ricorrendo sistematicamente a una gestione unilaterale della forza lavoro e delle stesse libertà sindacali.