Come al solito i numeri dell’Istat hanno poco senso, sia per chi parla di crisi che per chi vede una ripresa.
Di certo quello descritto dai numeri dell’Istat è un vero e proprio crollo della produzione industriale registrato nel 2009, ma anche questo dato non è dei più chiari. L’indice grezzo della produzione industriale ha registrato nella media del 2009 un calo del 17,4% rispetto all’anno precedente, secondo alcuni quotidiani sarebbe il dato peggiore registrato dal 1991. MA l’indice corretto per gli effetti di calendario ha registrato nella media dell’intero anno una diminuzione del 17,5% (i giorni lavorativi sono stati 254 contro i 253 del 2008). Differenze di poco conto che però ci sono e in alcuni ambiti fanno una notevole differenza.
Un’altra cosa da segnalare, piuttosto particolare e dalle conseguenze illogiche, è che nel confronto tra la media dell’intero anno 2009 e quella del 2008, l’unica variazione positiva ha riguardato i prodotti farmaceutici (+ 2,8%). Sorge allora spontanea una domanda: ma se il farmaceutico ha realizzato un +2,8% a fronte di un Paese decisamente in ginocchio, come mai ci sono 15mila licenziamenti proprio in questo settore?
Il resto è storia, le variazioni negative più marcate si sono registrate nei settori della metallurgia e prodotti in metallo (meno 29,1%), dei macchinari e attrezzature n.c.a (meno 28,7%) e delle apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche (meno 26,8%)”, si legge nella nota Istat. In pratica: i settori metalmeccanico e automotive sono quelli con maggiori problemi, ma questo era già noto visto il numero ormai esorbitante delle richieste di cassa integrazione e mobilità nel settore (vedi anche casi Alcoa, Fiat..)