In un altro paese probabilmente assisteremmo a tutte le parti politiche che si indignano verso una delle proposte più indecenti degli ultimi 50 anni, in aperta violazione dei diritti dei lavoratori. Invece la notizia sta passando quasi sotto silenzio. Chi non ricorda i morti del 2007 per l’incidente alla Thyssen? Incidente dovuto all’assenza totale di misure di sicurezza su cui l’azienda aveva largamente risparmiato. Bene, ieri la Thyssen, in crisi in Italia, ha avuto la bella pensata di proporre al tavolo sindacale – non sono voci, è proprio una proposta ufficializzata – di concedere la cassa integrazione in deroga solo se gli operai rinunceranno alle azioni legali, quelle che riguardano proprio l’incidente del 2007 in cui persero la vita e rimasero feriti i colleghi.
In pratica, ricattano i lavoratori che avrebbero diritto a ulteriori ammortizzatori sociali, ma che loro darebbero solo in cambio della rinuncia dei lavoratori a costituirsi parte civile al processo per i sette morti del 2007. Questa la richiesta che la dirigenza italiana della Thyssenkrupp ha avanzato nell’incontro del 22 febbraio con le organizzazioni sindacali e la Regione Piemonte. Tavolo svoltosi per il termine dei due anni di Cassa Integrazione straordinaria e per contrattare quella in deroga, incontro concluso con un nulla di fatto.
“Una vera provocazione” quella dell’azienda nei confronti degli ultimi 22 lavoratori dello stabilimento Torinese della Thyssenkrupp, ha denunciato la FIOM CGIL territoriale. Di fronte alla proposta dell’azienda, che suona come un ricatto, Fabio Carletti FIOM CGIL spiega “l’azienda già settanta giorni fa ha aperto una procedura di mobilità obbligatoria, nella logica di rendere obbligatori i licenziamenti e il sindacato ha detto di no” e aggiunge “ribadiamo la validità dei vecchi accordi incentrati sulla ricollocazione dei lavoratori e metteremo in campo tutte le iniziative, anche legali, per farli rispettare, nella logica di garantire un futuro fatto di lavoro e non di espulsione dal ciclo produttivo”.
I sindacati nell’incontro di ieri hanno, quindi, chiesto che venga ritirata la “mobilità obbligatoria” e che al termine della CIGS si avvii un percorso di cassa in deroga di 8 mesi con il prolungamento degli incentivi all’esodo.
Non trova però nessun fondamento logico o pratico la richiesta di ritiro dell’azione legale in cambio della cassa integrazione in deroga: è pura follia sia dal punto di vista legale che da quello funzionale riguardo gli ammortizzatori sociali.
Per fortuna almeno il Ministro del Lavoro Sacconi ha criticato la scelta di chiedere ai dipendenti di rinunciare alle azioni legali in cambio della cassa integrazione in deroga, giudicando la proposta ‘disdicevole’. Certo è che davanti a una violazione così aperta dei diritti dei lavoratori, ci si aspetterebbe un’insurrezione unanime di tutte le forze politiche.