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NAPOLITANO NON FIRMA IL DDL LAVORO: GARANZIE TROPPO BASSE PER I LAVORATORI

Scritto da: Redazione Bloglavoro 31 Marzo 2010 – 31 Marzo 2010 - 22:01

L’Ansa batte la notizia che il Presidente Napolitano non ha firmato il ddl lavoro:

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha firmato, rinviandola alle Camere, la legge di riforma del lavoro, con la motivazione che si tratta di un testo eterogeneo su norme delicate. Il ministro del Lavoro Sacconi ha commentato, ”rispetto la decisione: il Capo dello Stato chiede un ulteriore approfondimento al Parlamento che ci sara’ e da parte del governo proporremmo alcune modifiche che mantengano in ogni caso l’istituto (l’arbitrato, ndr) che lo stesso presidente della Repubblica ha apprezzato”. Soddisfazione e apprezzamento della Cgil e Fiom per la scelta di Napolitano. Anche la Cisl esprime il ”massimo rispetto per la decisione assunta dal capo dello Stato, ma rileva come l’arbitrato sia uno strumento di ”liberta’ per lavoratori e imprese”. Mentre la Uil auspica che ”il rinvio alle Camere, da parte del Presidente della Repubblica, del ddl lavoro sia l’occasione utile – dice il numero uno della Uil, Luigi Angeletti – per rendere coerente il provvedimento legislativo con l’avviso comune realizzato dalle parti”. E il segretario confederale dell’Ugl, Nazzareno Mollicone, si augura che ”i quesiti posti da Napolitano possano essere risolti rapidamente dalle Camere senza allarmismi ingiustificati”. Il Quirinale ha poi precisato che nella nota di 10 pagine sul rinvio della legge, non si fa riferimento all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

“Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – si legge nella nota del Quirinale – ha chiesto alle Camere, a norma dell’art. 74, primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla legge: “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione degli enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”. “Il Capo dello Stato – prosegue la nota – è stato indotto a tale decisione dalla estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni – con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 – che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale. Ha perciò ritenuto opportuno un ulteriore approfondimento da parte delle Camere, affinché gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale”.

REALIZZARE RIFORMA CON GARANZIE – Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha chiesto alle Camere, a norma dell’art. 74, primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla legge di riforma del lavoro “affinché gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale”. Lo si legge nella nota del Quirinale.

Una delle due norme del ddl Lavoro al centro dei rilievi del Quirinale riguarda la nuova procedura di conciliazione e arbitrato che di fatto incide sulle norme dell’articolo 18 relative al licenziamento. In particolare l’articolo indicato nel comunicato del Quirinale prevede che già nel contratto di assunzione, in deroga dai contratti collettivi, si possa stabilire che in caso di contrasto le parti si affidino ad un arbitrato. Il timore, che era stato avanzato dai sindacati e dall’opposizione, è che al momento dell’ assunzione il lavoratore accetti la via dell’ arbitrato che lo garantisce di meno rispetto al contratto che prevede l’art. 18 che tutela chi é licenziato senza giusta causa. L’altro articolo sul quale il Quirinale ha mosso rilievi è il 20, che esclude dalle norme del 1955 sulla sicurezza del lavoro il personale a bordo dei navigli di Stato.
E’ LA PRIMA LEGGE CHE NAPOLITANO RINVIA ALLE CAMERE- Il provvedimento sul lavoro e’ la prima legge che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rinvia alle Camere, ai sensi dell’articolo 74 della Costituzione, da quando, a maggio del 2006, ha assunto la carica.

NAPOLITANO, PERPLESSITA’ ANCHE SU ARTICOLO 20 – Giorgio Napolitano esprime i suoi dubbi anche sull’articolo 20 della legge sul lavoro che riguarda l’applicazione della delega del ’55 sulla sicurezza per il personale a bordo dei navigli di Stato. ”Al di la’ degli aspetti strettamente di merito, occorre rilevare innanzitutto che l’articolo 20 in esame non esplicita alcuno dei possibili significati dell’articolo 2, lettera b), della legge del 1955 e quindi non interpreta ma apporta a tale disposizione una evidente modificazione integrativa”, scrive il Capo dello Stato. ”La norma incide, inoltre, su una legge delega che ha gia’ esaurito la sua funzione dopo l’adozione del DPR attuativo n. 303 del 1956, senza invece intervenire su di esso, risultando di fatto inapplicabile e priva di effetti”. L’articolo 20 presenta inoltre profili problematici anche nella parte – in se’ largamente condivisibile – che riguarda la ”salvezza” del diritto del lavoratore al risarcimento dei danni eventualmente subiti. In assenza di disposizioni specifiche – non rinvenibili nella legge – che pongano a carico dello Stato un obbligo di indennizzo, il risarcimento del danno ingiusto e’ possibile esclusivamente in presenza di un ”fatto doloso o colposo” addebitabile a un soggetto individuato (art. 2043 del codice civile). Qualora la efficacia della norma generatrice di responsabilita’ sia fatta cessare, con la conseguente non punibilita’ delle lesioni o delle morti cagionate su navigli di Stato, non e’ infatti piu’ possibile individuare il soggetto giuridicamente obbligato e configurare ipotesi di ”dolo o colpa” nella determinazione del danno. Per conseguire in modo da un lato tecnicamente corretto ed efficace, e dall’altro non esposto a possibili censure di illegittimita’ costituzionale, le finalita’ che la disposizione in esame si propone, appare quindi necessario escludere la responsabilita’ penale attualmente prevista per i soggetti responsabili di alcune categorie di navigli, in linea del resto con gli adattamenti previsti dal citato testo unico n. 81 del 2008, e prevedere, come gia’ accade per altre infermita’ conseguenti ad attivita’ di servizio, un autonomo titolo per la corresponsione di indennizzi per i danni arrecati alla salute dei lavoratori”.

NORMA RINVIATA BLOCCA PROCESSI SU 144 MORTI MARINA – La norma interpretativa sull’applicazione della delega del ’55 sulla sicurezza del lavoro per il personale a bordo dei navigli di Stato – che e’ uno dei due articoli del ddl lavoro
al quale fa riferimento la presidenza della Repubblica nel suo comunicato – bloccherebbe l’inchiesta della procura di Torino su 142 uomini della Marina Militare morti per esposizione all’amianto e un processo a Padova per la morte, per lo stesso motivo, di altri due militari . L’articolo 20 del ddl rinviato da Napolitano da’ infatti una ”interpretazione” della legge delega n. 51 del 1955 tale da escludere il naviglio di Stato dall’applicazione delle norme sulla salute e sicurezza. L’unica cosa che rimane – e’ scritto nel testo dell’articolo – e’ ”il diritto del lavoratore al risarcimento del danno eventualmente subito”. E’ proprio in base alla norma ”delegata” , approvata un anno dopo la legge delega, nel ’56, che la procura di Torino ha avviato l’inchiesta sulle morti da amianto nella Marina Militare. Il fascicolo, aperto un paio di anni fa, prevede reati come omicidio e disastro colposo per alcuni alti ufficiali. L’inchiesta ripercorre la storia sanitaria e lo stato di servizio di 142 militari, morti per mesotelioma pleurico, una gravissima malattia provocata dal contatto con l’amianto col quale erano coibentate molte navi della marina.

MARONI, NULLA DA ECCEPIRE SU DECISIONE NAPOLITANO – “E’ nel suo potere rimandare alle Camere” una legge, “io non ho nulla da eccepire”. Così il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha commentato – nel corso di un’intervista a Sky Tg24 – la decisione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di rinviare alle Camere la legge di riforma del Lavoro. Il problema è quello dei cosiddetti decreti omnibus – ha aggiunto Maroni – ma io non ho seguito direttamente il provvedimento”.

DI PIETRO, BENE NAPOLITANO GARANTE CARTA – “Finalmente il Presidente della Repubblica batte un colpo e rimanda alle Camere la legge che voleva modificare, anzi svuotare lo Statuto dei lavoratori”: lo afferma Antonio Di Pietro, leader dell’Idv. “Ne siamo contenti – prosegue – perché l’Italia dei valori é stato l’unico partito che, a suo tempo, si era permesso di pregare il Presidente della Repubblica di non firmare il provvedimento ma di rinviarlo alle Camere. La decisione odierna di Napolitano dimostra anche che il rinvio alle Camere è una prerogativa che il Presidente della Repubblica ha a disposizione e quindi può tranquillamente esercitarla anche quando non si palesa l’evidente incostituzionalità. Solo per questa ragione, ci si siamo permessi di sollecitare l’utilizzo di questa funzione anche per altre leggi che non meritavano di essere approvate. Leggi, infatti, poi dichiarate incostituzionali dalla Consulta. Ci può solo fare piacere – conclude – che oggi il Presidente della Repubblica abbia esercitato il suo ruolo di garante e arbitro della Costituzione”.ù

SACCONI, GOVERNO AUSPICA RAPIDO ESAME DA PARLAMENTO CIRCOSCRITTO A MATERIA SEGNALATE – Il governo auspica un ”rapido esame parlamentare circoscritto alle materie segnalate anche al fine di consentire la tempestiva attuazione di importanti deleghe come quella in materia di lavori usuranti”. Lo ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, rispondendo al question time ad una interrogazione sul rinvio alle Camere del disegno di legge sul lavoro
da parte del Capo dello Stato. Ancora una volta parte della sinistra politica e sindacale ha usato un ”linguaggio pericoloso e inaccettabile”. Cosi’ il ministro, Maurizio Sacconi, rispondendo al question time ad un’interrogazione sul rinvio alle Camere del ddl
lavoro. Il Governo, ha detto il ministro, ”sottolinea che il Presidente della Repubblica ritiene la ‘introduzione nell’ordinamento di strumenti idonei a prevenire l’insorgere di controversie ed a semplificare ed accelerarne le modalità di definizione’ ‘certamente apprezzabile e merita di essere valutata con spirito aperto’. Cosa – ha aggiunto Sacconi – che certamente non e’ avvenuta da parte di quella sinistra politica e sindacale che ancora una volta, di fronte alle idee di Marco Biagi, ha usato un linguaggio pericoloso e inaccettabile”.

FONTE: ANSA

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