E’ stata pubblicata un’inchiesta sul fenomeno dello sfruttamento degli aspiranti pubblicisti sulla testata online Repubblica degli Stagisti, un’inchiesta che svela i retroscena dell’iscrizione all’albo pubblicisti ma anche i tanti soprusi che è costretta a subire questa categoria. Tante testate dichiarano il falso, fingendo di pagare gli articoli, altre fanno addirittura sborsare agli aspiranti pubblicisti le ritenute d’’acconto… Costa caro il sogno di diventare giornalisti: molti giovani pur di realizzarlo pagano di tasca propria
Il sito Repubblica degli Stagisti ha pubblicato le testimonianze esclusive di due giovani aspiranti giornalisti costretti a falsificare le ricevute fiscali pur di ottenere il tesserino da pubblicisti (per il quale bisogna provare di aver svolto attività giornalistica continuativa e retribuita, per almeno due anni – scrivendo almeno un tot di pezzi all’anno e ricevendone in cambio una retribuzione). Un problema sommerso, più diffuso di quel che si potrebbe credere: «La mia storia non è molto diversa da quella di tanti altri», racconta alla testata online il pubblicista “Carlo” (un nome di fantasia attribuito dalla redazione per tutelare il testimone). «Pezzi scritti e non pagati, in barba alla legge. Retribuzione ovviamente certificata da parte dell’’editore, dichiarando il falso» (qui l’intera testimonianza).
E Franca (altro nome di fantasia, altro racconto di vita reale) aggiunge: «Ho accettato di pagarmi da sola i contributi scrivendo per un blog online. Il direttore mi rilascia le ritenute d’’acconto e io gli restituisco i soldi in contanti. Ovviamente non ho nessuna retribuzione: di fatto, pago in tasse circa 160 euro ogni sei mesi e in più lavoro gratuitamente» (qui la sua testimonianza).
Un problema grave che costituisce il perno di una nuova inchiesta della Repubblica degli Stagisti, sempre impegnata a tutelare i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Il giornalista Andrea Curiat ha interpellato i venti Ordini regionali chiedendo cosa facciano, in concreto, per scongiurare queste truffe, e ha raccolto nell’articolo «Disposti a tutto pur di diventare giornalisti pubblicisti: anche a fingere di essere pagati. Ma gli Ordini non vigilano?» (qui) le risposte di alcuni presidenti degli Odg – tra cui Claudio Laugeri, della Valle d’Aosta, che auspica «l’attribuzione di un potere ispettivo anche all’Ordine, come già avviene per l’Inpgi» rimarcando però che questo non fa parte del progetto di riforma, e Stefano Pallotta, dell’’Odg d’’Abruzzo, che invoca l’istituzione di una laurea in giornalismo per uniformare l’accesso e «democratizzare il sistema».
Tra l’’altro, questo malcostume è completamente illegale: secondo l’’avvocato Gianfranco Garancini, intervistato dalla Repubblica degli Stagisti, le testate che fingono di pagare i propri giornalisti «commettono un complesso di reati che può includere truffa ed evasione fiscale, per non parlare della gravità di un simile atteggiamento dal punto di vista etico». Ma attenzione, avverte l’’avvocato: anche gli aspiranti giornalisti sono «correi», e potrebbero quindi andare incontro «a pene di tipo economico e detentivo» (qui l’intervista all’avvocato Garancini).
La Repubblica degli Stagisti pubblica anche una tabella e un approfondimento con il confronto dei requisiti e dei costi per l’’iscrizione all’albo dei pubblicisti nelle varie regioni. Si scopre così che le spese per i futuri giornalisti «variano dal minimo di 262 euro dell’Umbria al massimo di 582,62 euro per la Sicilia», e che nel Lazio c’è «un pubblicista ogni 500 abitanti», contro i 5 o 6 su 10mila residenti in Puglia e Liguria. Variabile anche la retribuzione richiesta, da 300 euro in Sicilia a 3mila euro nel Lazio, in bilico tra due necessità: «Da un lato, l’esigenza di non porre paletti troppo rigidi per consentire al maggior numero di giovani possibili di diventare pubblicisti; dall’altro, la volontà di evitare lo sfruttamento dei ragazzi con paghe da fame».
Articoli e aggiornamenti sull’argomento sono disponibili sul sito www.repubblicadeglistagisti.it