FTA Online – Una dichiarazione dei redditi presentata in maniera disordinata, disattenta, dove (non necessariamente in malafede) manca la documentazione di alcune spese ed ecco che, in caso di controllo del Fisco, a farne le spese sono sia il contribuente sia il commercialista che ha curato la pratica. Non solo il contribuente, come sostengono erroneamente molti commercialisti alla domanda “è giusto che paghi solo io per un errore nella dichiarazione?”. Infatti l’attribuzione di colpa al 50% tra commercialista e contribuente è quanto ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 9916 del 26 aprile 2010.
La decisione della Cassazione mette un punto fermo all’annosa questione della responsabilità fiscale dei professionisti nello svolgimento delle proprie mansioni. La sentenza della Cassazione interviene in seguito al ricorso di un commercialista contro il provvedimento già preso dalla Corte di appello di Trieste, a sua volta confermativa della decisione di primo grado del Tribunale di Udine, nella quale si attribuiva colpa e sanzione a entrambe le parti.
Il caso
Il commercialista che ha presentato ricorso non riteneva corretta la scelta dei giudici di primo e secondo grado di accogliere, seppur in parte, la domanda di risarcimento danni da responsabilità professionale, avanzata da un contribuente contro il professionista ricorrente, rigettando la domanda di manleva proposta da quest’ultimo contro la compagnia di assicurazioni. La colpa del commercialista, nel caso in questione, secondo la Corte è stata quella di avere presentato nella dichiarazione dei redditi del 1981 stilata per conto del proprio cliente dei costi non documentati (oltre a costi non inerenti all’anno al quale si riferiva la dichiarazione dei redditi e una detrazione Ilor nell’ammontare massimo dell’anno, benché il contribuente avesse operato in qualità di imprenditore individuale solo per alcuni mesi dell’anno in questione). Secondo i giudici, con il suo comportamento, il professionista non avrebbe rispettato gli obblighi di correttezza e lealtà professionale previsti dalla normativa vigente e dal codice di deontologia professionale
La sentenza della Corte
La Corte ha così confermato le sentenze di primo e secondo grado, condannando il commercialista al pagamento di metà delle sanzioni comminate. Nelle motivazioni, i togati hanno spiegato che costituisce “…preciso obbligo di diligenza del professionista non appostare costi privi di documentazione o non inerenti all’anno della dichiarazione…senza avere riscontrato la presenza della relativa documentazione”. Pertanto, il professionista è tenuto a “escludere i costi dalla dichiarazione dei redditi, qualora il cliente non avesse provveduto a fornire la relativa documentazione”. La sentenza, inoltre, stabilisce che, al fine della responsabilità fiscale del professionista, non ha alcuna rilevanza il fatto che il cliente tenga la propria contabilità in modo ordinato o disordinato.
Per tenersi al riparo da qualsiasi rilievo del Fisco, dunque, il commercialista deve agire in sintonia con le norme tributarie e nel rispetto del codice deontologico. In caso opposto, in sede di compilazione dei redditi, lo si può ritenere in parte responsabile di quanto risulti non veridico. Infatti, tutto ciò che viene indicato in una dichiarazione fiscale deve essere debitamente documentato a cura e onere del contribuente con il reale pericolo, per il professionista, di incorrere in azioni di responsabilità a proprio carico in sede di predisposizione di dichiarazioni dei redditi per conto dei clienti, laddove quanto dichiarato non sia debitamente documentato. Quando i dati riportati nella dichiarazione risultano non correttamente documentati, per sua colpa o dolo, o qualora non figurino (con il solo fine di creare volutamente un’evasione tributaria), il professionista è chiamato a risponderne.