Per impugnare il licenziamento, deve esserci una comunicazione scritta di licenziamento da parte del datore di lavoro. Per opporsi alla decisione, ci sono 60 giorni di tempo (vedi di seguito chiarimenti sulla questione dei 60 giorni).
Qualora il lavoratore ritenga il licenziamento illegittimo può impugnarlo entro 60 giorni dalla sua comunicazione o dalla comunicazione dei motivi, se avvenuta posteriormente. L’art. 6 della L. n. 604 prevede che l’impugnazione sia fatta in forma scritta, anche tramite lettera raccomandata spedita al datore. In tal caso è meglio farsi assistere dai sindacati.
Prima di rivolgersi al giudice, fino ad approvazione del nuovo ddl lavoro che dovrebbe abrogare questa possibilità, il lavoratore è obbligato a tentare la strada della conciliazione extragiudiziale col datore entro 60 giorni dalla presentazione della richiesta di giudizio. La legge, infatti, prevede, come condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, il tentativo obbligatorio di conciliazione.
Se la conciliazione non viene raggiunta prosegue il giudizio di fronte al magistrato del lavoro.
Le parti, in alternativa, possono scegliere di affidare la decisione sulla legittimità del licenziamento ad un collegio arbitrale, previsto dal c.c.n.l. Ai sensi dell’art. 6, L. 604/1966 il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale. Il nostro consiglio è di non procedere da soli ma di rivolgersi a un avvocato, un consulente del lavoro o almeno al sindacato per evitare errori di forma nella stesura.
LA QUESTIONE DEI 60 GIORNI DI TEMPO
L’impugnazione del licenziamento spedita al datore di lavoro tramite raccomandata si considera tempestiva quando l’affidamento alla Posta avviene entro sessanta giorni dalla comunicazione del recesso, indipendetemente dalla data di ricezione del plico. Lo hanno chiarito le sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 8830/2010 che ha composto un contrasto esistente tra i vari collegi della sezione Lavoro. L’effetto di impedimento della decadenza, ha spiegato il collegio, si collega al compimento da parte del soggetto onerato dell’attività necessaria ad avviare il procedimento di comunicazione demandato a un servizio sottratto alla sua ingerenza, non rilevando che al lavoratore sia rimessa la scelta tra più forme di comunicazione. (Fonte: Il Sole 24 Ore)