Ieri, esattamente dopo quarant’anni dall’entrata in vigore della legge sui diritti di chi lavora, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha voluto ribadire che il governo intende mettere mano allo Statuto dei Lavoratori e che lo sta facendo in tempi rapidi: nei prossimi giorni arriverà il Piano triennale per il lavoro al quale seguirà un disegno di legge delega sullo “Statuto dei lavori”. Modifiche che annullano una quantità di diritti come la possibilità di impugnare il licenziamento tramite conciliazione che di fatto toglie la possibilità al lavoratore licenziato di opporsi alla decisione a meno che non abbia migliaia di euro per gli avvocati e anni di tempo per aspettare la decisione del tribunale (ne abbiamo già parlato: Come impugnare il licenziamento illegittimo, Se il dipendente viene licenziato non potrà più ricorrere all’arbitrato e Napolitano non firma il ddl lavoro, garanzie troppo basse per i lavoratori ). Il piano di Sacconi è anche discriminante per i lavoratori del sud e del nord Italia: se da una parte viene sancito il riconoscimento dei diritti di tutti i lavoratori indipendentemente dalle dimensioni aziendali e dal tipo di contratto, dall’altra instaura un sistema di tutele variabili a seconda del settore di appartenenza, del territorio e della stessa impresa.
Una legge viva e vitale, costruita intorno ai principi universali di libertà, uguaglianza e giustizia sociale. Valori ‘senza tempo’ sanciti solennemente dalla nostra Costituzione” con queste parole Guglielmo Epifani, Segretario Generale CGIL, ha celebrato il quarantesimo anniversario dell’approvazione dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori, nel corso dell’iniziativa ‘A 40 anni dall’approvazione dello Statuto dei Lavoratori’ promossa dalla Fondazione Giuseppe di Vittorio e dalla CGIL Roma e Lazio.
Un’occasione per ribadire, con forza, ancora una volta che “modificare lo Statuto dei Lavoratori significa attaccare la Costituzione e i suoi articoli fondamentali”. Secondo il Segretario Generale della CGIL l’unica cosa che non si dovrebbe fare è celebrare l’importanza dello Statuto Lavoratori e contemporaneamente metterlo da parte. “Oggi – ha aggiunto Epifani – noi non ricordiamo un ‘caro estinto’ questa è la differenza, noi ricordiamo una cosa che è stata importante e che per noi deve continuare ad essere importante, ovviamente con gli adattamenti che la situazione di oggi ci propone”.
Secondo Epifani “lo Statuto dei Lavoratori è stato, in questi 40 anni, un faro e questo fu possibile grazie alla Costituzione, ma soprattutto grazie a quel movimento unitario di lotta, di rivendicazione, della fine degli anni ’60. Uno strumento – ha precisato – particolarmente avanzato per quel tempo, che sancì due aspetti fondamentali: il diritto di libertà nei luoghi di lavoro di fare assemblea e la tutela del diritto alla riservatezza e della privacy del lavoratore”.
L’impianto legislativo dello Statuto dei Lavoratori, come sottolineato dal leader della CGIL, è minacciato da attacchi pericolosi come quello rappresentato dal grave e incostituzionale disegno di legge sul lavoro, e necessita di una particolare salvaguardia. Il ddl lavoro, secondo Epifani quindi, è un attacco non solo allo Statuto dei Lavoratori, ma anche alla Costituzione, in un articolo che è fondamentale, quello in cui si riconosce al cittadino italiano di poter ricorrere liberamente al giudice per far valere le proprie ragioni. E rivolgendosi al Ministro del Lavoro, Epifani ha concluso: “il ddl lavoro non è come dice Sacconi una libertà in più, ma una libertà in meno, è un qualcosa che rende il lavoratore più debole, nel momento in cui non può scegliere se ricorrere alla strada dell’arbitrato o a quella del giudice”. L’arbitrato è gratuito, si può ricorrere al patrocinio del sindacato. Il giudice comporta il pagamento di un avvocato e una causa lunga, cosa che la maggior parte dei lavoratori licenziati non si può permettere.