La vicenda della Fiat di Pomigliano arriva a una svolta con il voto di ieri: l’accordo verrà portato avanti solo con le sigle sindacali che hanno firmato, per volere della maggioranza dei lavoratori. Esclusa quindi la FIOM, più battagliera sui diritti degli operai di Pomigliano e che non aveva voluto firmare l’accordo.
Ha prevalso la paura? Secondo noi sì. La Fiat sta offrendo forzatamente delle briciole a Pomigliano e gli operai avevano paura di perdere anche quelle. Per queste briciole, nemmeno tanto sicure, si svendono i diritti. Per esempio l’astensione per malattia (reale). Lo stabilimento di Pomigliano conta infatti un’alto tasso di malati di cancro, si può parlare per questi di “assenteismo”, come ha fatto Marchionne? Evidentemente no, ma è questa la linea che verrà adottata. Che lo stabilimento andasse verso la chiusura era già previsto dal piano Fiat presentato dallo stesso Marchionne. La produzione ormai è stata spostata in Polonia, a che pro tenere aperto uno stabilimento a Pomigliano che ormai costituisce solo un costo? Si parla di riconversione, ma ricordiamoci magari quante volte si è parlato di riconversione e quante c’è stata. Quante volte invece si è parlato di riconversione per far firmare accordi agli operai, per poi chiudere definitivamente.
La Fiat teoricamente, dai comunicati che rilascia, va avanti alla ricerca di soluzioni che consentano di salvare lo stabilimento di Pomigliano, visto che il referendum sull’accordo non è stato esattamente un plebiscito ma una preferenza risicata (62% circa). Nel testo del comunicato stampa della Fiat successivo al referendum però non si parla apertamente di trasferimento della produzione della Panda, come ipotizzato, ma c’è semmai un’evidente irritazione nei confronti della Fiom, unico sindacato ormai a contrastare questo accordo, perlomeno così come è redatto. C’è invece in arrivo un’ipotesi di forse-vi-riassumiamo, senza date e senza termini utili per chi è già a casa senza lavoro.
Nell’Ansa di ieri si legge infatti che <<Le ipotesi allo studio sono diverse. Se la scelta sarà quella di andare avanti per la nuova Panda l’azienda continuerà a valutare la possibilità di una newco, una nuova società che riassumerebbe con un nuovo contratto i singoli lavoratori di Pomigliano disponibili ad accettare le condizioni poste dall’accordo. Non è però escluso che si valuti anche la possibilità di produrre a Pomigliano altri modelli che richiederebbero una diversa organizzazione del lavoro. Un’ipotesi, questa, che non piace ai sindacati perché comporterebbe un ridimensionamento della forza lavoro attuale di Pomigliano. Lo sottolinea con tono deciso Bruno Vitali, responsabile Auto della Fim: “Ho firmato un accordo per fare la futura Panda, l’intesa con la Fiat è su questo a partire dalla prossima settimana il tavolo. Altri progetti avrebbero come conseguenza il ridimensionamento di Pomigliano, con molti posti di lavoro in meno”. A questo punto già la prossima settimana potrebbe ripartire il tavolo tra la delegazione della Fiat, guidata dal responsabile delle relazioni industriali, Paolo Rebaudengo e i sindacati che hanno firmato l’intesa del 15 giugno, Fim, Uilm, Fismic e Ugl. Qualche sindacalista fa notare che la partenza di Marchionne per gli Stati Uniti potrebbe essere un segnale che la vicenda non si chiuderà in pochi giorni, ma in realtà il manager è abituato a seguire anche partite importanti a distanza. Non è neppure escluso che ci possa essere a un certo punto un intervento del governo: il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, pur assicurando “la massima disponibilità”, ha detto però che “al momento non è previsto alcun incontro” e che “il governo opera quando le parti lo chiedono”.>> (Ansa)
Durissimo invece il commento di Fiom, che cita il caso dell’altro stabilimento Fiat, quello di Melfi: «Ci sono due anni per mandare a regime l’investimento. La FIAT dovrebbe tener conto che a Melfi la FIOM è tornata ad essere il primo sindacato e che è pronta ad accettare la sfida della produttività». Anche lì, però, fuori tempo massimo per gli operai che ora hanno paura di tornare ai 17 turni o addirittura di perdere il posto di lavoro.
Però, salvaguardare il posto di lavoro, vuol dire per forza perdere i diritti? Non è poi la stessa conclusione ma per una strada più tortuosa?