Tra qualche anno, diciamo nel 2016, quando cominceranno ad andare in pensione i primi figli del baby boom, le loro pensioni lorde viaggeranno attorno al 68-70% dell’ultima busta paga. Poi gli assegni cominceranno ad alleggerirsi: 60% nel 2020, 55% nel 2030, 52% nel 2040. Naturalmente se si tratta lavoratori dipendenti. Perché gli autonomi partiranno più o meno dallo stesso gradino ma negli anni vedranno scendere il loro assegno con più rapidità: 44% nel 2020, 34% nel 2030, 31% nel 2040.
I pochi previdenti che avranno scelto di affiancare una pensione integrativa al primo pilastro conterranno un po’ il danno e, diciamo nel 2040, avranno una pensione complessiva lorda pari al 63% dell’ultima busta paga (se ex lavoratori dipendenti) e del 42% (se ex autonomi). È l’effetto del metodo di calcolo contributivo della pensione e dell’applicazione dei coefficienti di trasformazione, vale a dire il valore cui si deve moltiplicare il montante dei contributi versati durante la vita lavorativa per ottenere l’assegno pensionistico. Le cifre sono contenute nell’ultimo rapporto della Ragioneria generale dello stato sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico. E come si può notare dalla grafica sui benefit ratio stimati per la sola pensione obbligatoria nei 27 paesi dell’Ue, l’alleggerimento degli assegni futuri è un destino che aspetta tutte le future generazioni di pensionati.
Nell’ultimo Ageing report della Commissione (2009), appena ripubblicato nel Libro verde sulla previdenza Ue, la riduzione degli assegni futuri stimata per il 2060 – quando andranno in pensione i figli dei babybomeers – spazia dal -30% dell’Italia al -25% della Francia, dal -39% della Svezia (paese che come l’Italia nel 1995 è passato al sistema contributivo) al -54% della Polonia (passata più recentemente al contributivo). E non bisogna guardare come fossero un esempio virtuoso i segni positivi di Regno Unito, Irlanda e Grecia. Questi paesi hanno già messo in agenda (o in qualche caso avviato) riforme pensionistiche che cambieranno quei più in segni meno.
Il nodo della sostenibilità futura dei sistemi previdenziali della vecchia Europa è anche questo: non bisogna solo guardare il peso della spesa previdenziale sul Pil e sulle finanze pubbliche. La sostenibilità del sistema dipende anche dall’adeguatezza degli assegni futuri, che dovranno salvaguardare il potere d’acquisti di milioni di pensionati. Per il nostro paese, problema dei problemi, le simulazioni della Ragioneria (fatte proprie dall’Ue) si basano su uno scenario macroeconomico niente affatto scontato: un Pil che cresce dell’1,5% l’anno e una produttività nominale pro-capite del 3,5%. Sotto quelle medie l’assegno sarà ancora più leggero. (FONTE: IL SOLE 24 ORE)