«Giocano con le nostre vite e non se ne rendono conto». Lavoratori in guerra sullo stop in Regione al piano di riconversione dell’ex zuccherificio di Casei. Doveva arrivare il via libera alla centrale elettrica a sorgo a Silvano Pietra, invece è arrivato uno sgambetto ai ventidue cassintegrati che da gennaio rischiano di essere in mezzo a una strada senza più ammortizzatori sociali. Ci sono rabbia, delusione, paura per il futuro.
La storia, in breve: nel 1953 viene inaugurato a Casei Gerola, nei pressi di Voghera, uno zuccherificio che trasforma le barbabietole prodotte dagli agricoltori delle province di Pavia e Alessandria. L’ impianto occupa un’area complessiva di 500 mila metri quadrati e arriva a dare lavoro a 500 persone La crisi Nel 2003 vengono spesi 14 milioni per ammodernare l’ impianto, ma due anni dopo l’ Unione Europea impone un taglio alla produzione di zucchero per l’ Italia che di fatto costringe alla chiusura dell’ impianto di Casei, La riconversione comincia. La bonifica viene affidata a un’ impresa di Giuseppe Grossi, il quale propone di riconvertire l’ area a uso commerciale e di costruire in un paese vicino una centrale a biomasse che assuma i 44 operai dello zuccherificio e alimentata dalla produzione degli agricoltori locali. Progetto dopo progetto si arriva a oggi: lo zuccherificio verrà rimpiazzato dal più grande outlet d’Italia con un grave danno anche ambientale per il territorio oltre che economico per gli ex lavoratori e per l’indotto.
Il dilemma non è nuovo: tutelare i posti di lavoro o salvaguardare l’ ambiente a costo di mettere i bastoni tra le ruote al business? Inedita è invece la soluzione del dilemma nel caso dell’ ex zuccherificio di Casei Gerola: la Lega Nord di Pavia ha bloccato sulla linea del traguardo un accordo (approvato anche dall’ assessore regionale Giulio de Capitani, leghista) che prevedeva la nascita di una centrale a biomasse al posto dello zuccherificio. Questa avrebbe garantito lavoro non solo ai 44 dipendenti superstiti dell’ azienda ma anche a centinaia di agricoltori pavesi pronti a convertire la loro produzione per alimentare la nuova fabbrica «verde». Il perché della virata di 180 gradi lo ha spiegato ieri Angelo Ciocca, consigliere regionale e uomo forte della Lega a Pavia, dopo le 18 mila preferenze raccolte alle ultime regionali: «Alla nascita della nuova centrale si oppongono le comunità locali. Inoltre la riconversione dello zuccherificio è una operazione che fino a oggi è stata ermetica e piena di ombre, visti i personaggi che vi sono coinvolti». L’ allusione di Ciocca è al triplice ruolo che nella vicenda sta giocando Giuseppe Grossi, il «re» delle bonifiche inquisito a Milano: Grossi sta eseguendo la bonifica dell’ ex zuccherificio grazie a fondi regionali, una società da lui partecipata (la Immobiliare Casei Gerola) ha già acquistato gli stessi terreni chiedendo di costruirvi sopra il più grande outlet d’ Europa (darebbe lavoro a 4mila persone); infine sempre Grossi è socio dell’ impresa che costruirà la centrale a biomasse, non a Casei Gerola ma in un comune vicino, Silvano Pietra. Il consiglio comunale di quest’ ultimo centro si è però opposto alla centrale e altrettanto ha fatto l’ amministrazione di Voghera, pur non essendo coinvolta direttamente nella questione. In tanti sono rimasti con un palmo di naso di fronte alla brusca frenata, a cominciare dagli ex dipendenti dello zuccherificio che da 4 anni vegetano in cassa integrazione. «I lavoratori rischiano di pagare un regolamento di conti interno al centrodestra – si sfoga Donatella Lotzniker, della Cgil, che oggi porterà gli operai a manifestare davanti alla Provincia di Pavia – e le questioni poste mi paiono pretestuose: Grossi sarà anche inquisito, ma le aziende non seguono certo il destino del titolare».
Perplesso anche il mondo agricolo: «Circa quattromila ettari di terreno una volta dedicati alla barbabietola da zucchero – spiega Giuseppe Ghezzi della Coldiretti pavese – attendono di essere riconvertiti a nuove colture: il sorgo, un cereale che servirà ad alimentare la centrale a biomasse, era parsa un’ ottima soluzione dopo che altre si erano rivelate scarsamente redditive. Mi sembra solo una bega politica, mi auguro si risolva presto». Ma davvero dietro l’ intera vicenda si nasconde una speculazione che ha come punto di arrivo l’ apertura del gigantesco outlet? La domanda era stata effettivamente presentata ma all’ ipotesi taglia la strada il comune di Casei Gerola: «Il nuovo piano del territorio – dichiara il sindaco Ezio Stella – mantiene la destinazione dell’ area a produttiva e artigianale, non commerciale. C’ è ancora tempo per osservazioni e correzioni al Pgt, ma finora non ne abbiamo ricevute». Davanti alla tempesta Vittorio Poma, presidente della Provincia di Pavia (Pdl, dunque alleato della Lega) fa il diplomatico: «Ci siamo presi 60 giorni di tempo. Secondo noi l’ accordo per la centrale a biomasse va sottoscritto, ma l’ impianto non nascerà contro il volere delle comunità locali. La questione era però in gioco da tempo. Il cambio di direzione della Lega è arrivato senza preavviso».
Ieri la sede di Finbieticola di via Emilia è stata occupata: gli operai vivranno lì, giorno e notte, fino a quando non arriverà il dietrofront da Milano. Nessuno si aspettava una simile doccia fredda: Finbieticola ha opzionato i terreni, gli agricoltori hanno firmato l’accordo di filiera, ma la Regione ha detto «no» dopo il pressing della Lega e del sindaco di Silvano Pietra, capogruppo del Pdl in consiglio provinciale, Alessandro Panigazzi. L’alt arrivato martedì al Pirellone al piano industriale di riconversione produttiva dell’ex zuccherificio scatena un terremoto. Insorge il Partito Democratico da Pavia a Milano e Roma; salgono sulle barricate i lavoratori che da gennaio rischiano di perdere cassa integrazione e mobilità; si spacca il consiglio comunale di Casei.
Lavoratori. «Dall’era del ministro Gianni Alemanno in poi ci hanno preso in giro senza sosta». I 22 cassintegrati dell’ex zuccherificio di Casei a un passo dalla riconversione si sentono traditi. Ieri pomeriggio alle 16 è scattata l’occupazione permanente, 24 ore su 24, della sede di Finbieticola in via Emilia a Voghera. Al tavolo con Rsu e maestranze si sono seduti il consigliere regionale Giuseppe Villani e il capogruppo del Pd in consiglio comunale a Voghera, Roberto Gallotti. Insieme chiedono un commissario ministeriale in assessorato regionale, che si occupi di dare attuazione al piano di riconversione approvato 3 anni fa dal governo. «Siamo all’assurdo – hanno detto i lavoratori in assemblea -. Roma dice sì e Milano dice no. La legge dello Stato conta meno di un parere regionale?».
Pd all’attacco. Il senatore Daniele Bosone va alla carica del centrodestra: «Eccoci di fronte a un altro bel pasticcio, stavolta hanno fatto un capolavoro. C’è una maggioranza che fa spallucce di fronte al fatto che lavoratori, azienda e agricoltori avevano trovato l’accordo su una centrale a biomasse che poteva produrre un utile al territorio». Duro anche il consigliere regionale Giuseppe Villani: «Si è detto no a una riconversione utile e necessaria. Vorremmo capire che territorio abbia a cuore la Lega Nord, se volta le spalle a lavoratori, energie alternative e interessi agricoli. In Regione c’è una giunta ostaggio della Lega». Dello stesso avviso il capogruppo provinciale Pierangelo Fazzini: «Abbiamo una maggioranza che se ne frega degli ordini del giorno votati in consiglio».
La Lega replica. «Basta politicizzare i lavoratori – dice il consigliere regionale Angelo Ciocca -. C’è un patto di riconversione dell’8 agosto 2007 che parla di bonifica dell’area dell’ex zuccherificio e di centrale a bioetanolo. Oggi Finbieticola cambia idea e vuol fare d’imperio ciò che vuole, con un progetto di ben più modesto impatto occupazionale. E cosa sarà dell’area dell’ex zuccherificio?». Dello stesso avviso Legambiente.
Tensione a Casei. Il sindaco Ezio Stella interviene con forza: «Avevo già chiesto alla Regione di riconvocare con urgenza il tavolo d’indirizzo sulla riconversione. Rilancio la mia proposta per arrivare a un confronto chiaro, fuori dai retroscena politici, che riapra i termini del confronto e porti al lieto fine. Basta rinvii e rimpalli».