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Home / Contratti / RESTANO SOLO 7 GIORNI PER I RICORSI DEI PRECARI

RESTANO SOLO 7 GIORNI PER I RICORSI DEI PRECARI

Scritto da: Redazione Bloglavoro 18 Gennaio 2011 – 20 Gennaio 2011 - 14:28

Se entro il 23 gennaio i lavoratori con contratto a termine , scaduto, non presenteranno un ricorso al proprio datore di lavoro perderanno il diritto di farlo. E’ entrata in vigore la legge 183, il famoso collegato lavoro, che impone a tutti di impugnare il licenziamento entro 60 giorni. Una scadenza che, da adesso, si applicherà anche ai contratti di collaborazione o a tempo determinato senza eccezioni. Una norma, come ha più volte sottolineato la CGIL, che colpisce soprattutto i precari che attendono un eventuale rinnovo .

Manca una settimana al termine dei 60 giorni, stabiliti dal collegato lavoro, entro i quali i lavoratori, con un contratto a termine scaduto, possono fare ricorso al proprio datore di lavoro prima di perderne definitivamente il diritto. Il 23 gennaio, infatti, è la ‘dead line’ individuata dal collegato lavoro, dopo l’entrata in vigore della legge avvenuta lo scorso 24 novembre, per quei lavoratori con un contratto a termine scaduto, oltre la quale sarà impossibile impugnare l’eventuale licenziamento irregolare, con effetto retroattivo.

Una norma “tagliola”, così ha bollato la CGIL il provvedimento che colpisce i precari che attendono un eventuale rinnovo, e contenuta in un legge che la confederazione ha più volte definito “una vera e propria controriforma del diritto e del processo del lavoro”.

Secondo le stime del sindacato di Corso d’Italia, la platea dei lavoratori interessati oscilla tra le 100mila e le 150mila persone coinvolte in quella che è, come osserva il Segretario Confederale Fulvio Fammoni, “una norma sbagliata, ingiusta e con vizi di costituzionalità”, a cui si aggiunge la “gravità” della retroattività. Con l’approvazione del collegato lavoro, spiega il dirigente sindacale, “un lavoratore precario con contratto a termine scaduto viene messo nella condizione di dover decidere se impugnare il contratto irregolare o perdere per sempre quel diritto”. Un fatto, rileva Fammoni, “che crea una disparità fortissima anche perché, in questa maniera, si equipara la conclusione di un contratto temporaneo ad un licenziamento”.

Tempi strettissimi, quindi, che per Fammoni determineranno “una sanatoria al rovescio, perché tanti precari non verranno a sapere in tempo che i termini sono cambiati”, ma anche un’impennata del contenzioso, “cioè l’esatto contrario di quanto il governo dichiara di voler perseguire” con l’allargamento del ricorso all’arbitrato. La CGIL è impegnata, con le sue strutture su tutto il territorio nazionale, in un’opera di sensibilizzazione nei confronti dei lavoratori potenzialmente coinvolti e rinnova l’appello agli organi di informazione perché, alla luce dei sette giorni che ci dividono dalla scadenza, si accenda un faro sul tema.

“Il governo avrebbe dovuto sentire l’obbligo di informare i lavoratori, anche attraverso l’uso della pubblicità istituzionale, eppure non ha fatto nulla”, denuncia Fammoni, ed è anche per questo che tutte le sedi della confederazione stanno lavorando per dare consulenza e tutela a chi è interessato dalla scadenza, registrando al momento “già migliaia di richieste di informazione e di soccorso giunte”. Alla fine di questa settimana, al termine della scadenza per decidere l’impugnativa, “forniremo i primi dati – annuncia il Segretario Confederale CGIL – sapendo che anche altri sindacati e associazioni stanno predisponendo i ricorsi”.

Ma non solo, la Confederazione di Corso d’Italia, su questo punto così come sull’intero collegato lavoro, sta predisponendo una memoria su principali vizi di incostituzionalità della legge. La CGIL ricorda infine, che i contratti di lavoro precari, già conclusi da tempo, se si ritiene siano viziati da irregolarità, devono essere contestati per scritto entro i 60 giorni successivi all’entrata in vigore della Legge. Questo lo si può fare anche con una lettera che interrompa i termini di legge. Successivamente si avranno 270 giorni a disposizione per andare ad un giudice per riaffermare il diritto.

Ma il tentativo sarà arginato, almeno da quei lavoratori che entro sabato avranno impugnato il licenziamento o la scadenza dei contratti precedenti con una lettera raccomandata spedita al datore di lavoro. Avranno poi 270 giorni per  far causa: se non lo faranno perderanno i diritti per sempre, mentre fino ad ora l’azione per la nullità del termine illecito apposto in un contratto era imprescrittibile.

Ecco il testo completo della norma:

Legge 183 (Collegato Lavoro)

Art. 32.

(Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato)

1. Il primo e il secondo comma dell’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti:

«Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’ essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta’ del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L’impugnazione e’ inefficace se non e’ seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilita’ di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».

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