Il pensiero di Mario Draghi, numero uno di Bankitalia, viene fuori a colpi di interventi e lezioni qui e là, tra università e convegni. Sempre stupefatto: si stupisce delle mancate riforme, si stupisce della mancata crescita… nemmeno fosse un inviato svedese che analizza per la prima volta la situazione italiana.
Ogni volta che Draghi parla, Tremonti trema, così come il resto del governo anti-comunista e anti-euro. Hanno tremato quando Draghi, serafico, ha espresso il pensiero di milioni di economisti: senza l’euro e l’aiuto di stabilizzazione dell’Europa, l’Italia sarebbe crollata. Ma come, proprio l’euro, il capro espiatorio per la maggioranza di pensionati e tele-dipendenti? L’euro che ‘ci ha fatti diventare poveri’? Sì esatto.
E Draghi lo ha ribadito ieri, in un intervento all’Università Cattolica in cui ha tirato fuori il carico completo. A partire dai salari dei giovani, fermi ormai da dieci anni, a fronte di un’inflazione e di un aumento dei prezzi sconsiderato. Passa poi a parlare dei reali motivi della crisi e soprattutto dell’incapacità italiana di farvi fronte, un problema originato negli anni precedenti la crisi: “nei tre anni antecedenti la regolamentazione e’ stata smantellata e per questo alcuni fattori sono stati possibili. L’abbondanza di liquidita’ e di risparmio e’ stata terreno fertile”. Ma davvero? Non ce ne eravamo accorti. Sembra quasi la giornata in cui mesi fa ci ha rivelato lo scoop: i tassi dei mutui italiani sono i più alti d’Europa. Ma pensa! Non ce ne eravamo accorti.
Dito puntato soprattutto sulla de-regolamentazione che ha permesso il prosperare indebito di grandi gruppi aziendali a scapito delle piccole imprese e degli stipendi dei lavoratori.
Ma la notizia che già tutti sapevano ma nessuno aveva il coraggio di pronunciare ad alta voce, arriva sulla platea di schianto. Altri 10 anni sono il tempo necessario al rientro di questa crisi. Sempre che, ovviamente, si mettano in campo le riforme auspicate dal Governatore di Bankitalia. ”Gli effetti di questa crisi sono destinati a durare per molti anni. Gli sforzi di alcuni Paesi nel risanamento dei conti pubblici o nella riorganizzazione del settore bancario dureranno a lungo. Non e’ una battaglia che si vince in un giorno”.
Secondo Draghi, bisogna attuare “riforme capaci di sostenere i tassi di crescita elevati e sostenibili nei Paesi sviluppati come in quelli in via di sviluppo“. Sottolinea che “l‘accumulo di capitale umano, l’istruzione, la ricerca e lo sviluppo” sono “elementi essenziali per rilanciare la produttività dei paesi e guidare il cambiamento tecnologico”. Certo, peccato che non la pensi nello stesso modo l’attuale Governo, che ha tagliato per l’ennesima volta i fondi di scuole e università, in favore delle private. Quindi, in definitiva, il solito bla bla bla di chi non ha nessuna possibilità di intervento.
Tra gli interventi di riforma, Draghi dice no con fermezza all’aumento delle tasse. Almeno su questo sembra d’accordo con il Governo, anche se pare essere un accordo solo ideologico: nonostante gli slogan, le tasse sono aumentate e la tassazione delle imprese aumenterà ancora con l’introduzione del federalismo. Secondo Draghi però:
«Aumentare le aliquote fiscali è fuori discussione: comprometterebbe l’obiettivo della crescita, sottoporrebbe i contribuenti onesti a una insopportabile vessazione». Così il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi nel suo intervento di ieri «Le aliquote andrebbero piuttosto diminuite, man mano che si recuperino evasione ed elusione. Non resta – ha rilevato Draghi – che il controllo della spesa, ma un controllo selettivo, orientato innanzitutto dalla distinzione fra ciò che favorisce la crescita e ciò che la ostacola. Scelte politiche sagge – ha quindi argomentato – non possono che poggiare su una valutazione capillare degli effetti anche macroeconomici di ogni voce di spesa».
Non è male questa strategia: il numero uno di Bankitalia dice al Governo di fare riforme, il Governo dice a Bankitalia di regolamentare e abbassare i tassi di mutuo e tutti vivono sereni e contenti senza prendersi la responsabilità di fare nulla. Salvo presenziare ai convegni per dire come mai la crisi dipenda da qualcosa al di fuori del loro controllo, poverini.