Di riforma dell’apprendistato si parla da molto ma troppo spesso senza cognizione di causa. Così capita che parta un’agenzia in cui il Ministro Sacconi annuncia una riforma dell’apprendistato in cui si parla di tre forme di apprendistato. I giornali (googlate “riforma apprendistato”) titolano alla riforma con “l’introduzione e la novità” di ben tre tipi di apprendistato.
Davvero? E dove sarebbe la riforma? Forse dell’apprendistato avrebbero bisogno quei “giornalisti” che si limitano a rilanciare notizie aggiungendo a sproposito qualche aggettivo e avverbio. Infatti esistono e sono tuttora in uso tre forme di apprendistato.
E’ dal decreto legge n.276/2003 che sono stati definiti i tre tipi di contratto di apprendistato:
1) Apprendistato per l’espletamento del diritto/dovere di istruzione e formazione (art. 48): fa riferimento a quanto previsto dalla riforma Moratti riguardo all’alternanza scuola-lavoro per gli studenti con almeno 15 anni di età. Ha una durata non superiore ai 3 anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto viene determinata considerando la qualifica da conseguire, il titolo di studio, i crediti professionali e formativi acquisiti, come pure il bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego o dai soggetti privati accreditati.
La regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato è rimessa alle Regioni, mentre si rinvia ai contratti collettivi di lavoro per la determinazione delle modalità di erogazione della formazione.
Il contratto scritto relativo a questo tipo di apprendistato deve contenere l’indicazione della prestazione lavorativa richiesta, il piano formativo individuale, come pure la qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base dei risultati della formazione.
2) Apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale (art. 49). Riguarda i giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni e i soggetti in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi della Legge n. 53/2003 che abbiano compiuto i 17 anni. La regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato è rimessa alle Regioni, mentre si rinvia ai contratti collettivi di lavoro per la determinazione delle modalità di erogazione della formazione.
Vanno comunque rispettati i seguenti criteri:
– il contratto va redatto in forma scritta, con l’indicazione della prestazione fornita, del piano formativo individuale, nonché della eventuale qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro
– il monte ore di formazione, interna o esterna all’azienda, non può essere inferiore a 120 ore annue
– la registrazione della formazione va effettuata nel libretto formativo, definito in base all’accordo Stato-Regioni del 18 febbraio 2000, di concerto tra il MInistero del Lavoro e il MIUR
– presenza di un tutor aziendale con formazione e competenze adeguate
3) Apprendistato finalizzato all’acquisizione di un diploma o all’alta formazione (art. 50). Può essere attivato per i giovani con età compresa tra i 18 e i 29 anni per il conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, universitario o di alta formazione di cui all’art. 69 della Legge n. 53/2003.
Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi della Legge n. 53/2003, questo tipo di contratto di apprendistato può essere stipulato a partire dal 17° anno di età.
La regolamentazione e la durata dell’apprendistato è rimessa alle Regioni, limitatamente ai profili riguardanti la formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, le università e le altre istituzioni formative.
Vediamo ora che cosa ha detto il Ministro Sacconi:
“La riforma – ha spiegato – definisce l’apprendistato come un contratto a tempo indeterminato con tre possibilità: quella per il conseguimento di una qualifica professionale per i più giovani senza diploma, quella che si definisce come contratto di mestiere che si conclude con la verifica della specifica competenza professionale, e di alta professionalità e di ricerca per concorrere a conseguire titoli universitari o di scuola secondaria superiore, o di praticantato professionale finanche di dottorato di ricerca”.
Ops! Guarda un po’, sembrano esattamente le tre categorie sopra…