L’aumento dell’iva per far quadrare i conti sempre più in rosso non è passato e tutto sommato non è un male: avrebbe significato un aumento dei costi per i consumatori e di conseguenza una diminuzione degli acquisti.
Verranno invece tagliate le pensioni di anzianità, ovvero viene tolta la possibilità di andare in pensione prima dell’età stabilita, anche se si sono accumulati i contributi minimi previsti. D’ora in avanti nessuno, considerando l’età in cui si inizia a lavorare e gli anni di contributi necessari, andrà più in pensione prima del tempo. La notizia sicuramente colpisce di più chi stava per andare in pensione con i requisiti minimi, infatti la nuova disposizione sarà subito applicativa: qualcuno si era già fatto i suoi conti per andare in pensione quest’anno, l’anno prossimo e così via, ma non potrà farlo finché non avrà raggiunto l’età stabilita. Quindi anche con i 35 anni di contributi, si continua a lavorare fino all’età stabilita.
Vediamo anche il rovescio della medaglia però: chi ha voglia ora di mettersi a lavorare prima dei 30 anni se tanto fino a 65 non potrà andare in pensione e i requisiti minimi contributivi saranno di ‘soli’ 35 anni?
Sparisce inoltre la possibilità di riscattare gli anni di università e l’anno di servizio militare che, ricordiamolo, fino a pochi anni fa era obbligatorio, quindi oltre al danno anche la beffa di non vederselo conteggiato.
Colpite infine anche le cooperative. Non le multinazionali, non i grandi gruppi industriali, non tutto quello che riguarda i vertici di Confindustria e le aziende del Presidente del Consiglio, ma quello che rimane: le cooperative. “E’ un dato di fatto che la cooperazione è forse l’unica forma d impresa ad aver aumentato l’occupazione e i fatturati in periodi di crisi. Il provvedimento è ispirato probabilmente da concorrenti e dalla caparbia volontà del presidente Berlusconi di far pagare qualche conto a chi non la pensa come lui“. Così il presidente di Confcooperative, Luigi Marino, in un’intervista di oggi a ‘La Stampa’ ha commentato i contenuti della manovra.
Ma per sanare i conti, ancora una volta, sarebbe bastato mettere le mani nelle tasche dei veri ricchi, con una tassa sui grandi patrimoni, che tocchi le seconde case, gli yacht e le auto di lusso. Ma ancora una volta si va a toccare solo le parti più deboli: dipendenti, pensionati e cooperative. Sarebbe bastato anche abbassare gli stipendi dei parlamentari italiani, tra i più alti in Europa, a fronte di un assenteismo e corruzione di dimensioni epocali. Oppure tagliare i vitalizi. Tutte manovre da risanamento definitivo. Invece, ancora una volta, si sceglie di grattare quel che resta sul fondo del barile dei più deboli.