Con l’ultima seduta del Senato è passata la deroga all’art.18. Uno dei più grandi regali alla Confindustria fatto negli ultimi 100 anni: la libertà di licenziare senza giusta causa.
Un centinaio di anni di lotte per i diritti dei lavoratori annullate in meno di un paio di anni. Dall’entrata in vigore della manovra, sarà sufficiente siglare un accordo aziendale, annullando di fatto il valore dei contratti nazionali, e da quel momento sarà possibile anche per le aziende con più di 15 dipendenti licenziare senza giusta causa. Fine delle casse integrazioni, mobilità e compagnia. Si licenzia quando il personale non serve più. Da oggi, quando l’azienda ha problemi: tutti a casa e affari vostri.
L’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori afferma che il licenziamento è valido solo se avviene per giusta causa o giustificato motivo. In assenza di questi presupposti, quando un lavoratore viene licenziato senza una causa legittima, il giudice dichiara l’illegittimità dell’atto e ordina la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro. In alternativa, al dipendente è dovuta un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultimo stipendio, o un’indennità crescente con l’anzianità di servizio.
Fino ad oggi, se il lavoratore veniva licenziato ingiustamente, poteva presentare ricorso d’urgenza e ottenere la sospensione del provvedimento del datore fino alla conclusione del procedimento, della durata media di 3 anni.
Il colpo di mano è contenuto nell’emendamento di maggioranza all’articolo 8 della Manovra approvato oggi dalla Commissione bilancio del Senato. Il provvedimento, passato in commissione, afferma testualmente che “fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro”, le specifiche intese aziendali e territoriali “operano anche in deroga alle disposizioni di legge” e “relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”.
L’emendamento prevede anche che le intese valide saranno non solo quelle “sottoscritte a livello aziendale o territoriale da associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” ma addirittura che anche le associazioni “territoriali” avranno la possibilità di realizzare specifiche intese “con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati” su temi come “le mansioni del lavoratore, i contratti a termine, l’orario di lavoro, le modalità di assunzione, le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro”.
Praticamente, per i datori di lavoro è sancita la libertà di fare quel che si vuole, quando si vuole e come si vuole. Siamo tornati allo schiavismo, perché è chiaro che il lavoratore, dati questi presupposti, non può avanzare alcuna richiesta perché qualsiasi suo ‘disturbo’ all’attività aziendale potrà comportare il licenziamento.
In qualsiasi paese civile, ci si aspetterebbe quantomeno uno sciopero generale a oltranza finché l’emendamento venga abolito. In Italia le reazioni sono invece piuttosto tiepide e tutte, solo, a parole. Così ci sarà uno scioperino pro-forma domani, il solito scioperino finto-generale della CGIL, poi forse un altro sciopero di piazza il 10-11, e qualche altra tiepida protesta che non cambierà nulla. D’altra parte, basta guardare in che posizione hanno messo questa notizia i giornali, quelli che l’hanno messa.
In quanto a reazioni all’acqua tiepida, si abbonda: se per il leader della CGIL Susanna Camusso “si cancella la Costituzione” nel tentativo di “distruggere l’autonomia del sindacato” (del sindacato?! è proprio merito dei sindacati, semmai), per il presidente dei senatori PD “è grave che il governo non rispetti l’accordo del 28 giugno” (strano, davvero, perché finora questo governo ha rispettato tutti gli accordi, era davvero imprevedibile!). Secondo poi il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, convinto che “non ha senso parlare di libertà di licenziare” (d’altra parte lui avrà un vitalizio solo per aver lavorato 5 anni…) e che, invece, la norma contiene “utilissimi elementi per la più certa interpretazione delle rilevanti novità previste dalla manovra relativamente alla capacita dei contratti aziendali e territoriali” (sì, ma utilissimi per Confindustria, non per i lavoratori!).
Ma il migliore di tutti rimane Raffaele Bonanni della CISL, intervistato su “La stampa”: “Una novità inopportuna, ma si fa troppo allarmismo“. Si fa troppo allarmismo??? E questi sarebbero i sindacati…