Quello marittimo è un settore in costante crescita, con notevoli possibilità occupazionali rispetto la situazione attuale del Paese. Un vero e proprio esercito che solo nel porto di Genova conta 4.716 occupati ‘diretti’ nel 2009, che arrivano a un totale di oltre 11mila unità se si considera anche l’occupazione complessivamente generata dal comparto. E che, secondo i dati dell’Autorità portuale, ha visto un incremento dell’1% nel 2009 rispetto all’anno precedente e una crescita media annua del 2% circa dal 2001 ad oggi.
Secondo una recente inchiesta dell’agenzia AdnKronos, ci sono i marittimi veri e propri, i lavoratori iscritti al registro della ‘Gente di mare’ imbarcati su qualsiasi galleggiante, le tante figure che lavorano sulle navi da crociera senza essere esperte di navigazione, dagli chef agli animatori, tutti gli addetti all’opera all’interno dei porti, direttamente o indirettamente, come ormeggiatori e rimorchiatori. E, ancora, gli impiegati delle società di servizi generali, dall’assistenza passeggeri alle pulizie, gli occupati del settore industriale, dediti alle attività di costruzione, riparazione e manutenzione, fino ai profili più tecnologici e innovativi, specializzati nei sistemi informatici e nella gestione automatizzata. Senza considerare l”indotto’. Vecchie e nuove professioni legate al mare, che vedono numerose figure impegnate in cargo, mercantili, navi da crociera o da diporto, piattaforme e porti.
Se si considerano le singole componenti che caratterizzano le attività commerciali del porto di Genova
si segnala una costante crescita dell’occupazione facente capo alle imprese terminaliste, che ha fatto registrare un tasso medio annuo pari al 4%, decisamente superiore rispetto al complesso dei dipendenti diretti in ambito portuale. Ma anche una crescita molto rilevante del comparto dei servizi, che comprendono una molteplicità di attività tra le quali i servizi ferroviari, la movimentazione passeggeri, i servizi ecologici e così via.
Si evidenzia, inoltre, una contrazione delle attività logistiche in senso stretto che, dopo aver raggiunto un picco nel corso del 2003, hanno fatto registrare un costante calo fino a tutto il 2009. Un fenomeno riconducibile alla specializzazione degli spazi portuali dedicati alle attività logistiche e di ‘distripark’ fortemente connessa alla movimentazione portuale e collegata solo marginalmente allo sviluppo di servizi a valore aggiunto quali distribuzione o prime trasformazioni.