Alla vigilia di un cambiamento politico fondamentale e sullo sfondo di una crisi economica inarrestabile, Pietro Ichino affronta alcuni dei temi più scottanti della realtà italiana: la flessibilità del lavoro, la disoccupazione giovanile e le prospettive occupazionali dei giovani. Oggi 11 novembre, dalle ore 20.50 alle ore 21.50 , il giuslavorista, docente di Diritto del lavoro all’Università Statale di Milano e senatore del Partito Democratico sarà ospite della videochat interattiva “Lavoro flessibile e prospettive per gli under30”, in diretta web su Oilproject per capire i meccanismi giuridici, economici e sociali correlati agli eventi del mondo che ci circonda.
Il contesto è quello della Scuola d’Attualità di Oilproject, la più grande piattaforma online in Italia dedicata alla formazione e alla condivisione del sapere.La videochat è aperta a tutti e chiunque potrà proporre una domanda in diretta o votare quelle altrui. Per partecipare, sarà sufficiente collegarsi al sito Oilproject.
Pietro Ichino è docente ordinario di Diritto del lavoro nell’Università statale di Milano. Ha inoltre svolto l’incarico di deputato dal 1979 al 1983, come indipendente di sinistra nelle file del PCI. Nel 2008 è stato eletto senatore nella circoscrizione della Lombardia per il Partito Democratico.
Vive da alcuni anni sotto scorta a causa delle minacce che alcuni membri delle Brigate Rosse gli hanno esplicitamente rivolto e per via del fatto che due suoi colleghi (Massimo D’Antona e Marco Biagi) che stavano lavorando alle stesse materie di cui si occupa Ichino sono caduti sotto i colpi delle Nuove Brigate Rosse.
Ichino è sostenitore di una riforma dei contratti di lavoro che, in riferimento a tutti i nuovi contratti di lavoro (salvi quelli stagionali o puramente occasionali), abolisca le forme di lavoro precario e i contratti a progetto, prevedendo l’assunzione subito a tempo indeterminato come forma normale di assunzione, principale e più diffusa nei rapporti di lavoro, ma con un periodo di prova di sei mesi, poi un regime di protezione crescente con la durata del rapporto di lavoro. Propone anche una riforma della disciplina dei licenziamenti.
In particolare, propone di abrogare l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori per la generalità dei licenziamenti, ad eccezione dei licenziamenti disciplinari, discriminatori o di rappresaglia, per i quali verrebbe matenuta la tutela reale. Per questi licenziamenti, il giudice potrebbe ordinare la reintegrazione nel posto di lavoro, mentre per tutti gli altri l’obbligo di reintegrazione sarebbe sostituito con un’indennità economica pari a un certo numero di mensilità di salario, crescenti con l’anzianità di servizio. Il giudice non potrebbe più sindacare le scelte dell’imprenditore e le motivazioni economico-organizzative che hanno portato all’interruzione del rapporto di lavoro, e dichiarare di conseguenza il licenziamento inefficace, ordinando la reintegrazione.
L’indennizzo sarebbe integrato da un’assicurazione contro la disoccupazione, finanziata interamente con un contributo a carico dell’impresa, determinato secondo il criterio bonus/malus,in modo da disincentivare il licenziamento, rendendo più costosi i premi per le aziende che vi ricorrono troppo di frequente.
I critici obiettano che con questa riforma diventa inconsistente l’applicazione della tutela reale contro i licenziamenti disciplinari, discriminatori, di rappresaglia, potendo il datore interrompere in ogni caso il rapporto di lavoro con una diversa motivazione economico-organizzativa, non opponibile davanti al giudice. Sarebbe illegittimo escludere a priori dai poteri di disamina della magistratura un ambito dei diritti soggettivi così importante come quello del lavoro (e dell’interruzione del rapporto di lavoro), e un soluzione banale e pretestuosa risolvere un battente di cause del lavoro arretrate con una semplice abrogazione delle leggi e dei diritti che ne sono la fonte. Si ottiene l’efficienza della “macchina giustizia”, al prezzo di un arretramento del diritto.
Sostiene che con questa riforma dei licenziamenti si realizzerebbe una sostanziale eguaglianza di opportunità per tutti i lavoratori che accedono al tessuto produttivo, con superamento dell’attuale dualismo caratteristico delmercato del lavoro italiano. Alle aziende con meno di 15 dipendenti sarebbe estesa la tutela reale e il diritto di reintegra per i casi di licenziamento disciplinare, discriminatorio e di rappresaglia; nelle aziende che hanno più di 15 dipendenti verrebbe invece applicato il nuovo meccanismo di tutela ispirato ai principi della flexicurity per i licenziamenti dettati da motivo economico od organizzativo.
La proposta di legge introduce un’assicurazione contro la disoccupazione e maggiori indennità a carico di Stato e datori di lavoro. Il datore ha l’onere della prova se qualifica il licenziamento come disciplinare, l’onere è invece del dipendente se ritiene il licenziamento discriminatorio. non è ammessa la reintegra e la tutela reale se il licenziamento individuale è per giustificato motivo oggettivo: la motivazione economico-organizzativa non può essere sindacata dal giudice del lavoro, salvo che il licenziato abbia più di 20 anni di anzianità.
Ichino sostiene anche lo spostamento del baricentro della concertazione collettiva dagli accordi nazionali alla contrattazione di secondo livello nelle aziende.