Il decreto sulle liberalizzazioni al varo del Governo Monti, promette di toccare tutti i settori e dismettere finalmente i monopoli che bloccano la competitività e la crescita del Paese (vedi elenco di seguito delle attività che verranno liberalizzate). È la seconda volta che l’esecutivo Monti torna all’attacco delle corporazioni o meglio di quei monopoli che impongono prezzi stratosferici per prestazioni spesso banali, come i notai, facendosi forza del fatto che la competitività è del tutto assente e licenze e titoli passate quasi di padre in figlio o a prezzi di centinaia di migliaia di euro.
Alcuni settori per i quali è previsto l’intervento hanno già cominciato da tempo le manifestazioni: taxi, i farmacie, banche e compagnie petrolifere (per i distributori di benzina) sono contrari a perdere i privilegi ancora esistenti. Per quanto riguarda il fronte dell’energia sono molto probabili interventi sul mercato del gas per frenare il caro-bolletta mettendo in competizione le varie compagnie, attualmente semplici concessionarie di Enel.
Vediamo punto per punto le più importanti liberalizzazioni in programma:
NOTAI: L’obiettivo finale è quello di diminuire i prezzi richiesti per le prestazioni fornite ai cittadini visto che tra l’altro sono obbligati per legge a utilizzare questi professionisti per molte pratiche. Le strade al vaglio sono due: abolire le tariffe minime e ampliare la concorrenza. Palazzo Chigi ha affermato che intende “ampliare la pianta organica”, aumentare quindi la concorrenza fra professionisti per consentire ai clienti di poter usufruire “dei giusti sconti”. Per migliorare la trasparenza del settore l’Antitrust – nella memoria inviata qualche giorno fa a camere e governo – suggerisce anche di abolire, per tutte le categorie professionali, la norma che assegna ai relativi Ordini il controllo sulla veridicità delle notizie contenute nei messaggi pubblicitari lanciati dagli iscritti. Anche le sanzioni dovranno essere stabilite da un organo terzo.
Non sembrano però voler apportare modifiche alla complicata questione degli esami e accesso all’apertura di uno studio notarile che fa sì da anni che l’attività venga passata quasi di padre in figlio senza vincoli di merito, rendendo quasi impossibile ai giovani laureati cominciare l’attività se non provengono dalla famiglia giusta e con studio già avviato.
BENZINA: liberalizzazione della rete distributiva. I benzinai dovranno avere la possibilità di vendere altri beni di consumo e verrà potenziata la rete no-logo dei distributori autonomi di benzina che possono applicare prezzi inferiori. Verrà ampliata la concorrenza permettendo aggregazioni fra piccoli distributori o singole pompe. Fra compagnie proprietarie degli impianti e benzinai – suggerisce l’Antitrust -devono essere possibili contratti diversi dal comodato d’uso. L’impianto potrebbe essere dato in affitto al benzinaio che potrà poi decidere di mettere in vendita più marchi. Le compagnie petrolifere non sono ovviamente d’accordo in uno degli ultimi paesi, l’Italia, in cui vige ancora il monopolio e le varie marche fanno cartello tenendo prezzi molti simili e sempre al rialzo.
TAXI: L’idea di aumentare il numero delle licenze è data dalla necessità di aumentare le auto pubbliche ma i taxisti che si ritroverebbero in mano una licenza da poco ma acquistata a caro prezzo al tempo, non ci stanno, così come quelli che stanno per andare in pensione e contano sulla vendita della licenza per avere l’equivalente del tfr, come è sempre successo per la categoria. Fra le ipotesi di cui si parla per ampliare l’offerta c’è quella di offrire una licenza gratis ai tassisti che già ne hanno una, permettendo loro di rivenderla per recuperare il valore di quella originale ma non sembra una via percorribile.
FARMACIE: Si punta a liberalizzare la vendita dei farmaci di fascia C ovvero quelli per i quali è richiesta la ricetta medica, ma che sono a carico del paziente. Vengono rimossi gli ostacoli all’apertura di nuove farmacie e parafarmacie. La grande maggioranza delle farmacie italiane, circa 16.000, è rappresentata da farmacie private (ottenute grazie a concorso e poi diventate di proprietà del farmacista), mentre circa 1.500 sono quelle comunali. Nel nostro paese sono anche presenti 3.872 parafarmacie (circa 300 nei centri commerciali e 3.500 come negozi su strada), i cui titolari otterrebbero solo dei vantaggi da questa riforma. Aprire una farmacia non sarà più, quindi, questione di ereditarla dai genitori o acquistarla al prezzo di una villa di Beverly Hills da chi ce l’ha, ma tra poco potrebbe funzionare come l’apertura di un qualsiasi altro negozio.