Ci sono scioperi che alcune testate, le maggiori, non pubblicano. Ci sono scioperi scomodi, al punto da farli passare sotto silenzio. Ieri davanti alla sede Rai di via Teulada a Roma c’era una manifestazione dei dipendenti Rai. Non dei giornalisti, comparto a cui viene data sempre molta attenzione, ma i 13mila dipendenti: dai tecnici, alle segretarie, ai truccatori… L’organico di professionisti non-giornalisti di quella che è ancora la televisione pubblica e che viene pagata con i soldi dei cittadini italiani. C’era la Polizia, c’erano i vigili urbani, c’erano sigle sindacali e persone per strada che manifestavano, con megafoni e autorizzati. Ma praticamente nessuno ne parla.
I perché della loro protesta però non comparivano su nessuna testata a parte Il Fatto Quotidiano che ha dedicato un lungo e dettagliato articolo.
Eppure era uno sciopero che interessava tutti noi, in quanto cittadini e contribuenti di questa tv pubblica. Era uno sciopero che interessava anche l’Italietta dei favoritismi e delle amicizie clientelari, di cui tanto si parla sui giornali che questo sciopero però l’hanno completamente ignorato. Infatti il piano di ridimensionamento proposto, prevede una serie di interventi di contenimento dei costi a causa della crisi, piano che taglia di 170 milioni di euro i costi per il personale, una cifra che comporterà la decurtazione degli stipendi tra il 18 e il 20 per cento o una riduzione della forza lavoro. L’operazione inoltre prevede la cessione di Rai Way, Rai International, Rai Corporation, Rai Med e molti uffici di corrispondenza all’estero.
Ma, come sottolinea Thomas Mackinson su Il Fatto Quotidiano di ieri, “Il buco dell’azienda non sarebbe dovuto ai costi di personale e strutture, ma alla sistematica emorragia di risorse verso l’esterno, ai compensi stratosferici per le alte sfere e alle commesse girate agli amici dei potenti di turno. ” Le commesse agli amici quindi si salvano, ma si vanno a ridurre personale o stipendi del personale. In una tv di stato quanto è corretto? Per nulla. Da qui la manifestazione dei dipendenti, messa però a tacere dalla stampa.
Come si legge nel comunicato dello Snater del 22 dicembre, in occasione della prima manifestazione con astensione dal lavoro che ha toccato punte del 100% di adesione, la protesta è rivolta contro il progetto di smantellamento deliberato dal Consiglio di Amministrazione su proposta del Direttore Generale, Lorenza Lei. Ieri 11 gennaio hanno indetto un referendum tra i lavoratori per richiedere le dimissioni dei vertici aziendali, Direttore Generale e consiglio di amministrazione, così come hanno fatto i giornalisti nella precedente gestione. Tale documentazione, una volta raccolta, sarà consegnata all’azionista, il Ministero del Tesoro.
Noi di Bloglavoro.com continueremo a parlare degli scioperi che vengono ignorati volutamente, nel tentativo infantile di nascondere le informazioni.