Il calcolo dei disoccupati italiani apparso oggi sui maggiori quotidiani sembra davvero alto ma la verità è che questo calcolo è parziale. Infatti non vengono calcolate le centinaia di migliaia di persone in cassa integrazione che, formalmente, risultano ancora occupate. E non vengono calcolati nemmeno coloro che hanno rinunciato all’idea di trovare un lavoro regolare e non sono quindi iscritti al centro per l’impiego.
Eppure oggi sappiamo che la cassa integrazione non si fa più per risollevare le sorti dell’azienda, perché all’80% è diventata solo l’anticamera della disoccupazione. L’80% circa delle aziende in cig negli ultimi due anni, infatti, non si è stabilizzata ma ha chiuso. La cig è diventata ormai un’ancora di salvezza e non inserire questi numeri, dalla mobilità alla cig, nel calcolo disoccupazione, fa sì che il quadro risulti più ottimistico di quello che dovrebbe essere.
A sottolineare questo aspetto è anche la CGIL che in una nota di oggi sottolinea come senza lo strumento cig il numero dei disoccupati sarebbero tre milioni in più. Secondo le stime provvisorie fornite dall’ISTAT infatti, su occupati e disoccupati a dicembre 2011, nel nostro paese continua a crescere il numero dei disoccupati che raggiunge quota 2,243 milioni in aumento dello 0,9% su novembre (+20mila unità) e del 10,9% su base annua (+221mila unità). Secondo l’Istituto nazionale di statistica si tratterebbe del valore maggiore da gennaio 2004. Allo stesso modo, il record negativo riguarda anche il tasso di disoccupazione che a dicembre 2011 è all’8,9%, in rialzo di 0,1 punti percentuali su novembre e di 0,8 punti su dicembre 2010. In particolare, dai dati diffusi dall’ISTAT emerge che a crescere è la disoccupazione maschile (8,4%) a fronte di una lieve flessione dello 0,4% per le donne, che si attestano al 9,6%.
“Duecentomila disoccupati in più nel 2011, che si sommano alle centinaia di migliaia dall’inizio della crisi”. E’ quanto afferma il Segretario Confederale della CGIL Fulvio Fammoni ricordando, inoltre, che “solo pochi giorni fa l’indagine Unioncamere prevedeva un calo di altri 75mila occupati nei soli primi tre mesi di quest’anno”. Sulla base di questi dati, Fammoni chiede provocatoriamente se qualcuno “può ancora sostenere che c’è qualche problema di flessibilità in uscita?”. Per rispondere a questa domanda, secondo il dirigente sindacale è necessario rileggere i dati ISTAT diffusi ieri sulle grandi imprese (dove si applica l’articolo 18) che, spiega “illustrano come in 6 anni i licenziamenti sono cresciuti del 35%”. Volgendo lo sguardo a prima della crisi, quando gli occupati erano 700 mila in più, Fammoni avverte “se non ci fosse stata la Cassa integrazione e in particolare la CIG straordinaria e la deroga, i disoccupati sarebbero oggi più di 3 milioni. Questo sarebbe già avvenuto e avverrà – insiste – se la Cassa integrazione sarà ridotta e se si punterà solo sulla disoccupazione e su un reddito minimo per il quale però non c’è alcuna risorsa”.
Ma Fammoni rilancia soprattutto il problema dei giovani e di quali prospettive ci siano per loro. La situazione, infatti, rimane ancora drammatica per i giovani (15-24 anni) per i quali, a dicembre, si registra un tasso di disoccupazione giovanile pari al 31%, in calo di 0,2 punti percentuali su novembre, ma in aumento di 3 punti rispetto all’anno precedente. “Ricordo che la teoria del ‘meglio un lavoro qualunque’, ha portato proprio a questa situazione di lavoro per i giovani – afferma il dirigente sindacale della CGIL – e questo anche prima che si manifestassero pienamente gli effetti della crisi. Così come lo slogan ‘meglio un lavoro qualsiasi che lavorare in nero’ – prosegue – conferma l’esistenza di un bacino di 3 milioni di lavoratori in nero, questo dato non risulta nelle statistiche dell’ISTAT, ma non dobbiamo mai dimenticarlo”.
Dunque, alla luce dei dati diffusi oggi dall’ISTAT Fammoni spiega che emerge un messaggio preciso per la trattativa tra Governo e parti sociali. “Servono interventi urgenti per affrontare la drammatica situazione dell’occupazione: tutele straordinarie e uno straordinario Piano per il lavoro. In generale – argomenta il dirigente della CGIL – servono più crescita, più sviluppo, più consumi che facciano ripartire la produzione”. Per questo, nel concludere Fammoni torna a ribadire il punto sul quale da tempo la CGIL sta facendo forza, ossia la lotta alla precarietà. “Serve soprattutto ridurre il precariato – conclude il segretario CGIL – e dare ammortizzatori universali a tutti i lavoratori mantenendo la possibilità di non rompere il rapporto di lavoro con l’impresa in tutti i casi possibili e dando una tutela maggiore alla disoccupazione. Dire invece che occorre facilitare il licenziamento per più occupabilità è il contrario dei dati reali”.