E’ con questa frase che Susanna Camusso, numero uno della CGIL, annuncia il proseguimento a oltranza della mobilitazione se non ci saranno svolte concrete sul lavoro. ”Non si salva il Paese senza salvare gli italiani, e cioè i lavoratori, non quelli che portano i capitali all’estero”, dice perentoria dal palco della manifestazione per gli esodati. “Il governo convochi subito un incontro e offra una soluzione. Senza questa, continueremo la mobilitazione perché non lasciamo i lavoratori per strada”.
“Il messaggio che arriva dopo il calcolo fatto dal governo ieri è che gli esodati non esistono, sono dei fantasmi. Ma nessuno si può permettere di giocare su questo”, afferma la Camusso, che rimarca: “Se il governo conferma 65mila esodati, a noi non resta che una strada: chiedere il licenziamento del presidente dell’Inps perché incapace di governare i contributi”.
Esodati? No, da oggi si chiamano ‘salvaguardati’. Infatti da stamattina sul sito del Ministero del lavoro il termine è stato cambiato. Da esodati a salvaguardati. Cambia qualcosa, a parte la parola tesa a tranquillizzare artificialmente chi si trova nella condizione di fuori dal mercato del lavoro e non ancora pensionabile? In realtà, al momento no. Rimangono lo stesso persone che d’un tratto, si sono ritrovate senza salario e pensione.
Queste persone, infatti, esodati o ‘salvaguardati’, avevano sottoscritto accordi con le proprie aziende che prevedevano un congruo indennizzo per licenziarsi su base volontaria. Questo indennizzo sarebbe dovuto bastare per vivere in maniera dignitosa fino al conseguimento dei requisiti per la pensione. Ma cosa è successo quindi per buttarli nella terra di nessuno, dei non lavoratori fuori da ogni tipo di assistenza? Semplice. Una volta firmato l’accordo, i termini di pensionamento sono stati stravolti, in particolare si è alzata l’età pensionabile tanto che la grande maggioranza di queste persone otterranno l’assegno svariati anni più tardi rispetto al previsto (e agli accordi), addirittura 5 o 6 anni dopo. E come vivranno nel frattempo? Non sono certo i figli del ministro Elsa Fornero, messi a lavorare in una fondazione creata ad hoc dalla banca di cui la mamma è vicepresidente. Al contrario dell’assunta a tempo indeterminato in due posti e figlia del ministro Fornero, gli esodati o salvaguardati, hanno davanti 5-6 anni di zero entrate in un’età in cui non è più possibile reinserirsi nel mercato del lavoro.
I nostri esodati o salvaguardati avranno invece esaurito l’indennizzo, già inferiore allo stipendio normale che percepivano. E il ministero per ora gli ha solo cambiato il nome in “salvaguardati”. 65mila andranno in pensione con le vecchie regole; e gli altri? Perché secondo le stime di INPS, la signora ministro Fornero avrebbe sbagliato e di molto i conti. Sarebbero infatti tra i 150 e i 200mila. Per alcuni, la stima arriverebbe a 357mila. I fondi però sono stanziati solo per 65mila.
Come ha fatto a sbagliare i conti il ministro Fornero, proprio lei che piange per i tagli? La ex vicepresidente del SanPaolo? Come è possibile? Semplicissimo. L’aritmetica si vede che non è più materia di alto livello, la dimenticano. In questo caso ha dimenticato di sommare agli esodati delle grandi aziende quelli delle piccole e medie imprese, che ci sono e sono anche tanti.
Non solo, come spiega la Camusso, segretario generale di CGIL, non si sono presi in considerazione quei lavoratori che hanno sottoscritto accordi di esodo privi dell’ufficialità e dei criteri previsti dalla nuova disciplina, successiva all’accordo stesso, quali il coinvolgimento dei sindacati nazionali o del ministero del lavoro per conferirgli validità. Occorre ancora appurare quanti siano con precisione perché questi sono coloro che stanno rischiando di più in assoluto: non solo di restare fuori dalla conta ma anche di aver firmato un accordo che potrebbe rivelarsi praticamente privo di valore, nullo.