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Home / Concorsi Pubblici Nazionali 2017 / TRUFFA AI TEST DI INGRESSO: 30MILA EURO E UN IPHONE PER AVERE LE RISPOSTE GIUSTE

TRUFFA AI TEST DI INGRESSO: 30MILA EURO E UN IPHONE PER AVERE LE RISPOSTE GIUSTE

Scritto da: Redazione Bloglavoro 24 Luglio 2012 – 18 Settembre 2012 - 11:02

Intanto che infuria la polemica sui test della prima tornata di TFA, viene a galla un’altra truffa sui test di ingresso. Si tratta delle facoltà di Medicina e Odontoiatria di Napoli, Foggia e Verona. Qui è ormai provato che diversi ammessi hanno pagato 30mila euro per ricevere le risposte esatte durante le prove, grazie alla connivenza e partecipazione di professori e tecnici informatici. False matricole si iscrivevano al test, con l’unico fine di fotografare le prove e mandarle via iphone alla centrale operativa dove venivano svolti i test e inviate le soluzioni alle matricole paganti.

Trentamila euro, era questa la cifra per superare i test di ammissione alle facoltà di Medicina e Odontoiatria di Napoli, Foggia e Verona. E una sala operativa con pc, palmari e accessi internet per smistare le risposte durante le prove. L’organizzazione capeggiata dall’allora direttore di facoltà avrebbe guadagnato 250mila euro. Sono sei le persone – tra cui l’ex direttore del Dipertimento e presidente del corso di laurea, ordinario di odontostomatologia – arrestate dalla Guardia di finanza di Bari nell’ambito dell’indagine su presunti test pilotati di ammissione alla facoltà di medicina-odontoiatria. L’inchiesta della magistratura barese è stata avviata in seguito a controlli compiuti il 4 settembre del 2009, nelle sedi universitarie di Napoli, Foggia e Verona. Un’inchiesta che segue quella nel’università di Bari nella quale sono rimasti coinvolti centinaia tra studenti, professori e genitori.

Le accuse, contestate a vario titolo, sono di associazione per delinquere finalizzata alla truffa al fine di commettere reati contro la pubblica amministrazione. Agli arresti domiciliari sono finiti l’ex presidente del corso di laurea in Odontoiatria dell’Università di Bari Felice Roberto Grassi, di 58 anni, ritenuto dall’accusa a capo dell’organizzazione criminale; Andrea Ballini, di 36, tecnico informatico dell’Università di Bari; Francesco Miglionico, di 50, odontotecnico e laureando in odontoiatria, all’epoca dei fatti assessore alle attività produttive di Altamura, in provincia di Bari; Amedeo Nardi, di 52, rappresentante di prodotti per l’ortodonzia; Giacomo Cuccovillo, e Marco Magdalone, entrambi 27enni ed universitari. Altre 27 persone tra docenti e dipendenti universitari, studenti e aspiranti matricole risultano indagate.

L’inchiesta è stata avviata in seguito a controlli effettuati il 4 settembre del 2009, nelle sedi universitarie di Napoli, Foggia e Verona. Al termine della prova d’esame alcuni dei candidati vennero trovati in possesso di un telefonino utilizzato per la ricezione delle soluzioni al questionario ministeriale. Dalle indagini è emerso che Grassi, dopo l’arresto un anno prima di un collega per lo scandalo dei test truccati nell’università pugliese (da quel momento in poi schermata durante i test), avrebbe replicato il sofisticato sistema informatico per continuare l’attività illecita che prevedeva la soluzione a tutte le risposte dei test in cambio di 30mila euro in altri atenei.

Le indagini, delegate al nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, hanno puntato l’attenzione sull’ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso in Medicina e Chirurgia-Odontoiatria e Protesi dentaria che si sono tenuti per l’accesso agli anni accademici 2007-2008, 2008-2009, 2009-2010. Chiara la complicità delle aspiranti matricole dell’Università di Napoli, alcune delle quali iscritte alle prove solo al fine di fotografare e trasmettere all’esterno il questionario. Il test ministeriale è infatti identico per tutti gli atenei e viene svolto lo stesso giorno in tutte le facoltà. L’Università di Bari, però, dopo l’inchiesta del 2007, era corsa ai ripari schermando totalmente le aule. A Napoli, invece, i controlli erano ancora ordinari. I giovani aspiranti dentisti e i complici dell’organizzazione nascondevano il proprio cellulare (un palmare in grado di poter fotografare in maniera leggibile il test ministeriale) allacciandolo con una fascia elastica sulla gamba.

‘Gli infiltrati’ fotografavano i test, le domande arrivavano a una centrale operativa dotata di cinque computer, cinque telefoni palmari e tre distinti accessi internet.
Da qui venivano girate al professor Grassi che rispediva le risposte, a questo punto smistate tra tutti i candidati ‘paganti’. Ma grande è stata la sorpresa degli inquirenti nello scoprire che la centrale informatica – messa su dal tecnico informatico, braccio destro di Grassi – era stata allestita in casa dell’assessore di Altamura, Francesco Miglionico, odontotecnico, ma con l’aspirazione in quel momento di poter conseguire la laurea in Odontoiatria. L’accesso a questa struttura era permesso solo a sette persone (tra i quali i sei arrestati) che elaboravano ed inviavano via internet, sugli account di posta elettronica di ciascuno dei candidati da favorire, le risposte al questionario ricevuto via internet dai complici nell’Università di Napoli.
Grazie alle attività investigative, svolte anche mediante intercettazioni telefoniche ed ambientali, e ai servizi di appostamento e pedinamento, l’Autorità giudiziaria ha ricostruito i ruoli e le funzioni dei singoli componenti dell’organizzazione: il professor Grassi operava in qualità di promotore, organizzatore e coordinatore dell’organizzazione. A lui spettava anche il compito di avvicinare le aspiranti matricole universitarie e proporre il superamento del test in maniera sicura, ma a pagamento. Inoltre, abusando della sua funzione di direttore del corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria dell’Università di Bari, utilizzava la rete di contatti all’interno della comunità scientifica di odontoiatria per ottenere, con scambio di utilità e favori di vario titolo, le informazioni e le collaborazioni indispensabili per la programmazione nei minimi dettagli del disegno criminoso.

Ci chiediamo ora, a ragion veduta, perché non fare subito dei controlli sui test del TFA? La quantità di domande fuori-classe di concorso o estremamente cavillose hanno fatto pensare a molti, infatti, che si trattasse di una mossa per favorire taluni che potevano avere accesso alle risposte, al contrario di chi pur con grandi basi di studi ed esperienza si è trovato spiazzato davanti all’assurdità di molti quesiti.

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