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Home / LE GUIDE DI BLOGLAVORO / 02. I CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO

02. I CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO


La disciplina del contratto a tempo determinato, ovvero del contratto di lavoro che prevede una scadenza finale, è stata modificata con il D. Lgs. del 06.09.2001, n.368, emanato in attuazione della Direttiva comunitaria 1999/70 sul lavoro a termine, che ha espressamente abrogato la precedente normativa.

Secondo tale norma, il contratto di lavoro a termine può essere stipulato quando vi siano ragioni di ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che richiedono un incremento di manodopera per un periodo di tempo limitato. Si può pensare, ad esempio, ad incrementi di attività dovuti a circostanze eccezionali, alle attività stagionali, alla sostituzione di lavoratori assenti per malattia, ferie, ecc.

L’assunzione a termine non è invece ammessa:

* per sostituire lavoratori in sciopero;

* per le aziende che abbiano effettuato licenziamenti collettivi nei sei mesi precedenti l’assunzione, salvo alcuni casi particolari indicati dalla legge;

* per le aziende che sono ammesse alla Cassa Integrazione Guadagni;

* per le aziende non in regola con la normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

Il contratto deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere l’indicazione delle ragioni sopra indicate; in loro mancanza, il contratto si considera a tempo indeterminato. Una copia dell’atto scritto deve essere consegnata al lavoratore entro cinque giorni dall’inizio del rapporto di lavoro. La forma scritta non è richiesta quando la durata del rapporto di lavoro non supera 12 giorni.

Casi particolari si rilevano nel settore del trasporto aereo dove sono ammessi contratti a termine di durata complessiva non superiore a 6 mesi nei periodi compresi tra aprile e ottobre di ogni anno, nonché contratti a termine di durata non superiore a 4 mesi per periodi diversamente distribuiti.

In agricoltura il rapporto di lavoro a tempo determinato è previsto in via ordinaria in base ad una specifica normativa; a tale rapporto, pertanto, non si applica la disciplina in esame.

È inoltre sempre consentita l’assunzione a termine dei dirigenti, purché la durata del contratto non sia superiore a 5 anni.

I contratti collettivi di lavoro possono prevedere limiti quantitativi all’utilizzazione dei contratti a termine a seconda dei settori produttivi o anche delle singole imprese. Tuttavia, non possono essere previsti limiti quantitativi per i contratti a termine che siano conclusi:

* per una durata non superiore ai 7 mesi;

* nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi;

* per ragioni di carattere sostitutivo o per lavori stagionali;

* per l’intensificazione dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno;

* nel settore dello spettacolo, per specifici programmi radiofonici o televisivi;

* per l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti o predeterminati nel tempo, aventi carattere straordinario od occasionale;

* al termine di un periodo di tirocinio o di stage;

* per l’assunzione di lavoratori di età superiore a 55 anni.

Il termine finale del contratto può essere prorogato, per una sola volta, quando il contratto iniziale ha una durata inferiore a tre anni e con il consenso del lavoratore. La proroga è ammessa quando sussistono ragioni oggettive e si riferisce alla stessa attività lavorativa per la quale era stato stipulato il contratto iniziale. In tal caso, la durata complessiva del rapporto di lavoro (durata iniziale + proroga) non può superare i 3 anni.

Se il rapporto di lavoro prosegue dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione complessiva pari al 20% fino al decimo giorno successivo alla scadenza, e pari al 40% per ogni giorno ulteriore. La legge fissa anche un termine massimo per la prosecuzione oltre la scadenza, termine pari a 20 giorni, se il contratto a termine aveva una durata inferiore a 6 mesi, e a 30 giorni negli altri casi. Se il rapporto di lavoro prosegue oltre i suddetti termini, il contratto deve essere considerato a tempo indeterminato.

Una disciplina particolare è prevista per l’ipotesi in cui il lavoratore venga assunto più volte a termine presso la stessa azienda. In tale ipotesi, se il lavoratore viene riassunto a termine entro 10 o 20 giorni dalla scadenza, a seconda che il primo contratto fosse di durata rispettivamente inferiore o superiore a 6 mesi, il secondo contratto viene considerato a tempo indeterminato. Se invece il lavoratore viene riassunto a termine immediatamente dopo la scadenza del primo contratto, in modo che tra il primo e il secondo contratto non vi sia alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato fin dalla data della stipulazione del primo contratto.

Il lavoratore a tempo determinato ha diritto a ricevere lo stesso trattamento dei lavoratori assunti a tempo indeterminato che svolgano la stessa attività, ovvero che abbiano lo stesso inquadramento contrattuale, in proporzione al periodo di lavoro prestato. In particolare, al lavoratore a termine spettano le ferie, la gratifica natalizia, la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell’impresa, a meno che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a tempo determinato.

Il lavoratore assunto a termine ha inoltre diritto a ricevere una formazione specifica in materia di sicurezza per l’esercizio delle mansioni per le quali è stato assunto, al fine di prevenire i rischi connessi all’esecuzione del lavoro.

Per quanto riguarda, più in generale, la formazione professionale, la legge prevede che i contratti collettivi di lavoro possano prevedere le condizioni e le modalità di accesso dei lavoratori a termine ad opportunità di formazione adeguate.

Una particolarità della disciplina del lavoro a termine riguarda il licenziamento: il lavoratore assunto a tempo determinato non può essere licenziato prima della scadenza del termine se non per giusta causa, cioè per un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro. Non è possibile, in altre parole, il licenziamento per giustificato motivo, sia soggettivo che oggettivo (ad esempio per riduzione dell’attività dell’impresa).

Il licenziamento intimato senza giusta causa prima della scadenza del termine comporta il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, pari a tutte le retribuzioni che sarebbero spettate al lavoratore fino alla scadenza inizialmente prevista, dedotto quanto eventualmente percepito dal lavoratore lavorando presso un altro datore di lavoro nel periodo considerato. (Fonte: Agenzia Lavoro)

LE NOVITA’ SUL PROLUNGAMENTO E LA NUOVA NORMATIVA

La legge consente alle aziende di prolungare di un mese il periodo di lavoro previsto da un contratto a termine

Interessanti novità sono state introdotte dalla più recente legislazione riguardante i contratti di lavoro a tempo determinato (CTD). Fino alla legge precedente, infatti, nei casi in cui un rapporto di lavoro a tempo determinato, per un qualsiasi motivo, si fosse prolungato oltre la data prevista dal contratto, era automaticamente prevista la trasformazione del rapporto stesso nel tipo a tempo indeterminato. Con la nuova normativa, invece, è stato introdotto un margine di tempo entro cui è possibile per le aziende richiedere ai lavoratori la prosecuzione del rapporto a tempo determinato oltre il periodo fissato nel contratto. L’intervallo di proroga della prestazione può variare da 20 giorni (se il contratto prevede una collaborazione pari a un periodo di 6 mesi) a 30 giorni (se il contratto implica una prestazione d’opera più estesa di 6 mesi).

Le retribuzioni dei periodi successivi alla scadenza del contratto possono aumentare dal 20 al 40%

Il lavoratore vede in ogni modo riconosciuto, sotto l’aspetto retributivo, il prolungarsi della sua prestazione al datore di lavoro rispetto a quanto fissato nel contratto. In particolare, se la prestazione si prolunga fino a 10 giorni oltre il limite contrattuale, scatta un aumento della retribuzione percepita corrispondente al 20%. Ogni giorno successivo al decimo comporta per il lavoratore un aumento del proprio compenso pari al 40%. Qualora anche questo margine di tolleranza contrattuale dovesse essere oltrepassato, sussisterebbero gli estremi per un’effettiva modificazione della natura del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato.

I casi in cui un contratto a termine diventa a tempo indeterminato

Un’ulteriore novità si riferisce sempre alla disciplina della successione dei contratti a termine. Nei casi in cui, rispettivamente entro 10 o 20 giorni dalla scadenza di un precedente contratto a termine che prevedeva un periodo di collaborazione con l’azienda inferiore o superiore ai 6 mesi, il nuovo contratto deve essere a tempo indeterminato. (Fonte: CliccaLavoro.it)

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