Dipende dal regime contabile in cui si opera: tra il regime ordinario e quello a forfait ci sono alcune differenze. Scopriamo quali – Durante lo scorso anno, in Italia sono state aperte oltre 500mila nuove partite Iva: siamo un paese di lavoratori autonomi, in percentuale in numero maggiore rispetto agli altri paesi europei.
La possibilità di usufruire del regime forfettario, un sistema semplificato con tassazione a forfait, ha spinto molte persone ad aprire un’attività commerciale o professionale, ma sono diversi i professionisti che sono ancora (o hanno scelto) nel regime ordinario, più complesso rispetto al regime agevolato ma ideale per chi ha da scaricare le spese.
Il sistema di tassazione è il medesimo sia per le partite Iva a regime ordinario che per quelle a regime semplificato mentre in quello agevolato – oltre al metodo di calcolo delle tasse, descritto in questo articolo di regime-forfettario.it – ci sono differenze sostanziali soprattutto in relazione all’aliquota.
Vediamo come funziona la tassazione dei principali regime fiscali in Italia e quali sono le regole da seguire per il pagamento delle imposte.
Partite Iva: come funziona la tassazione sul regime ordinario
Intanto, è bene precisare che le tasse che un professionista a partita Iva si trova a pagare dipendono dal regime fiscale di appartenenza. In Italia i due regimi contabili principali sono il regime ordinario e il regime forfettario, entrambi con vantaggi e svantaggi.
Cominciamo dal regime ordinario, che prevede alcuni obblighi precisi.
Bisogna fare una prima distinzione tra contabilità ordinaria e contabilità semplificata. La contabilità semplificata riguarda persone fisiche o ditte individuali che hanno ricavi inferiori a 700mila euro annuo (o 400mila per le attività di servizi).
Chi può usufruire della contabilità semplificata deve conservare i registri Iva, il registro di incassi e pagamenti, il registro dei beni ammortizzabili e il libro unico dei dipendenti.
Con la contabilità ordinaria, invece, oltre alle scritture contabili citate deve conservare il libro giornale, il libro inventario, i documenti di magazzino e, per le società, anche il bilancio di esercizio.
Le imprese e i professionisti a regime ordinario emettono fatture con Iva: l’importo dell’Iva, applicato alle merci o ai servizi forniti, dev’essere versata all’Agenzia delle Entrate ogni mese oppure ogni trimestre.
La dichiarazione Iva dev’essere invece comunicata per via telematica su base annuale, mentre la comunicazione dell’esterometro – relativa alle fatture estere – va inviata ogni tre mesi. Inoltre, è obbligatorio compilare il modello ISA per verificare compensi e ricavi.
Accanto agli obblighi, ci sono alcune agevolazioni. Nel regime ordinario, le imprese possono detrarre l’Iva pagata sugli acquisti effettuati per svolgere l’attività economica: la deducibilità delle spese e le detrazioni fiscali sono caratteristiche del regime ordinario.
Naturalmente, le imprese e i professionisti nel regime ordinario sono soggetti a imposte sul reddito: la tassazione Irpef va dal 23% per i redditi fino a 15mila euro al 43% per i redditi superiori ai 50mila euro.
Oltre all’Irpef (o Ires, l’imposta sul reddito delle società), il regime contabile è soggetto anche all’imposta regionale sulle attività produttive (Irap, calcolata sul valore della produzione netta con aliquota percentuale che varia in base alle regioni).
Nel regime ordinario, le imprese possono essere soggette alla ritenuta d’acconto se forniscono servizi o beni ad altre imprese o enti pubblici: si tratta di una percentuale trattenuta dal pagamento da parte del cliente da versare all’Agenzia delle Entrate.
Tassazione nel regime forfettario: come funziona
Come detto, accanto al regime ordinario troviamo il regime forfettario, introdotto dalla Legge n. 190/2014.
Il regime forfettario è un regime naturale: possono aderire al regime sia le nuove partite IVA, sia chi già operava e rientra nei limiti dei ricavi, che con la Legge di Bilancio 2023 sono stati portati a 85mila euro. Le spese per personale dipendente o lavoro accessorio non possono invece superare il limite di 20mila euro.
Il regime forfettario, come già accennato, è un regime agevolato, che prevede una tassazione a forfait e una contabilità semplificata.
Qualunque tipo di professionista che svolge attività di impresa, arte o professione può accedere al regime forfettario, tranne chi è socio di una società di persone, di un’associazione professionale o di un’impresa familiare e chi controlla società a responsabilità limitata, associazioni di partecipazione che possano essere ricondotte direttamente o indirettamente a quelle svolte come liberi professionisti.
L’imposta a forfait, chiamata anche imposta sostitutiva, sostituisce appunto le imposte sul reddito, le imposte regionali e comunali e l’Irap.
Per calcolare l’imponibile, bisogna sottrarre dal reddito imponibile i contributi previdenziali versati. Il valore ottenuto si moltiplica poi per la percentuale d’imposta pari al 15% (5% se si tratta di nuova attività).
L’imponibile si calcola moltiplicando il coefficiente di redditività del codice ATECO per il reddito lordo.
Il regime forfettario non ha scadenza, ma non bisogna superare gli 85mila euro di ricavi annui: qualora succeda, la Legge di Bilancio stabilisce il passaggio al regime ordinario dall’anno successivo se non si superano i 100mila euro, mentre il passaggio è immediato se si va oltre la soglia di 100mila euro.
Col regime forfettario, infine, non è possibile dedurre le spese.
In conclusione
Il regime ordinario e il regime forfettario prevedono due diversi sistemi di tassazione: a scaglioni il primo, a forfait il secondo. Entrambi hanno vantaggi e svantaggi, ma senza dubbio il regime contabile a forfait è più semplice e meno complesso da gestire, avendo molti meno obblighi; di contro, il regime ordinario, pur avendo più tasse da pagare, permette di dedurre le spese.